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Elettra
era seduta sulla poltrona e lo guardava attonita e smarrita. Non avrebbe mai
voluto apprendere dall'uomo che le stava di fronte quella terribile notizia, ma
si trattenne dal cadere nella più cupa disperazione abbozzando un’espressione sobria
e composta.
“Purtroppo
i risultati delle analisi parlano chiaro. Ci sono pochissimi margini di
errore.”
“Quanto
tempo mi manca?”
“Due,
tre mesi al massimo.”
Si
alzò quasi di scatto, prese la borsa che aveva appoggiato sulla scrivania e si
girò verso la porta con una piroette da consumata ballerina. Ascoltò le ultime
parole dell’uomo che le raccomandava di iniziare al più presto il ciclo di
chemioterapia e senza alcun commento uscì dalla stanza.
Per
strada Elettra cercò di riordinare le idee per quanto il mondo le fosse
crollato addosso e non sapesse esattamente cosa fare. Ricordò la madre morente
dello stesso male che prima di passare all'altro mondo si era affannata a darle
le ultime istruzioni per un futuro sereno e tranquillo. Ma Elettra non aveva
figli, non si era mai sposata e non aveva uno straccio d’uomo accanto.
Con
lei si sarebbe interrotta quella catena ereditaria che il destino aveva voluto
colpire i componenti della sua famiglia, -dagli ascendenti ai discendenti-,
dello stesso tragico epilogo.
Entrò
in un bar e si sedette ad un tavolino sorseggiando il caffè che l’amica barista
le aveva preparato secondo i suoi gusti: lungo con una goccia d’anice e un po’
di latte freddo. Prese a sfogliare distrattamente un giornale e ad un tratto
gli occhi caddero su un articoletto in fondo a una pagina.
Si
trattava di uno di quegli annunci dedicati alle persone sole in cerca di una
notte d’amore con uomini muscolosi e prestanti. Indugiò pensando al suo aspetto
fisico, per niente attraente, che avrebbe fatto scappare anche il più intrepido
dei gigolò.
Si
fece coraggio, compose il numero e ricevette le informazioni del caso annuendo
di tanto in tanto come se avesse ben compreso di cosa si trattasse. Sembrava a
suo agio e pensò che ciò fosse dipeso dal referto di quella mattina che non le
lasciava scampo e che, proprio per questo, le aveva infondato una certa
spregiudicatezza. Pose alcune condizioni
e fissò l’appuntamento per la sera seguente.
Elettra
abitava in una casa vicino al mare alla periferia della città, in un contesto
isolato che aveva scelto per rigenerarsi dal tran tran quotidiano e dal
traffico che ronzava impetuoso davanti all'ufficio dove lavorava. Ogni
occasione era buona per rifugiarsi sulla spiaggia e dare sfogo ai suoi pensieri
più reconditi mentre la voce del mare faceva da sottofondo a quello scenario
unico ed impareggiabile.
Arrivò
l’ora dell’appuntamento e l’uomo che aveva “ingaggiato” si presentò puntuale
con un mazzo di rose rosse e un sorriso che mostrava denti bianchissimi e ben
curati.
La
commedia ebbe inizio.
“Mi
sono innamorato di te dal primo giorno che ti ho vista. Ricordi?”
“Cosa?”
“Il
mare, i gabbiani, la spiaggia deserta. Tu che eri seduta sulla riva e guardavi
chissacchè. Mi son detto: sarà una stella caduta dal cielo, o una conchiglia che
le onde hanno voluto trascinare sulla riva per essere raccolta e conservata con
cura.”
“E
poi?”
“E
poi ci siamo incrociati con lo sguardo ed è scoccata la scintilla.”
Elettra
non sapeva se ridere o stare al gioco, quel gioco che lei stessa aveva voluto
inscenare rifacendo il copione di un romanzo rosa che adesso aveva deciso di
trasporre nella realtà indossando i panni della protagonista. Decise di
continuare nella finzione lasciandosi andare ai baci e alle carezze di quel
corteggiatore professionista che si muoveva con esperienza ma che non aveva
fatto i conti con lo stato d’animo della donna, confuso e disorientato.
A
dispetto del nome, le avances sempre più spinte dell’ospite non la
elettrizzavano ma la irrigidivano oltremodo facendola sentire un’estranea,
qualcosa di avulso dal personaggio che si era inventato allorché aveva messo in
atto quell'assurda messinscena.
“Credo
che sia il caso che ci fermiamo. Ma non preoccuparti, ti pagherò lo stesso la
prestazione.”
L’uomo
provò ad insistere ma lo sguardo glaciale di Elettra fu così eloquente da
convincersi che, almeno per quella sera, il suo lavoro poteva considerarsi
concluso. Prese il denaro pattuito e salutò la donna dichiarandosi disposto a
riprovare anche il giorno dopo.
Ma
Elettra sapeva che non ci sarebbe stato nessun domani, perché la vita non la si
recupera in fretta anche quando il destino è segnato e si vogliono bruciare a
tutti i costi le tappe per un briciolo di felicità.
Scese
in spiaggia e arrivò fino alla battigia. Sentì le acque del mare lambirle i
piedi sciogliendola da quell'intorpidimento che il finto fidanzato le aveva
procurato.
E pensò che era così bello guardare il mondo davanti a sé in compagnia
del silenzio.
ELETTRA
Racconto breve
di
Vittoriano
Borrelli
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