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UNA VITA DIVERSA

Blog Retro: Le cose inutili

 


Passerei tutto il tempo al supermercato. Se avessi una casa dalle parti del mio centro commerciale, ci andrei più spesso e non solo per la spesa del fine settimana. Invece abito a qualche chilometro di distanza in una zona piuttosto trafficata, lavoro fino a tardi e non ho il tempo per fare qualche sortita infrasettimanale.

Così, quando arriva il venerdì, esco di corsa dall’ufficio, prendo la macchina e imbocco la via di casa pregustando il mio week-end da trascorrere tra offerte promozionali e lanci di nuovi prodotti commerciali. E’ una passione che coltivo con cura quasi maniacale, pianificando ogni cosa come una perfetta manager che conosce tutto o quasi del mondo del marketing.

Eccomi alle prese con la raccolta punti, buoni spesa accumulati e cataloghi vari per scegliere gli acquisti del momento, i prodotti più esclusivi e a buon mercato come si fa quando ci si immerge in una ricerca mirata e meditata, finanche voluttuosa e ossequiosa delle mie irrinunciabili esigenze.

Mi chiamo Desideria, ho trent’anni, e sono quel che si dice una donna bella e desiderabile, con tanti uomini che mi fanno la corte e che vorrebbero portarmi a letto, ma nessun amore che valga la pena di ricordare. Anzi, sono ancora vergine e me ne vanto pure perché penso di meritare ben altro che le solite avances che si concludono, mettiamo, con rapporti effimeri e fugaci nell’ultimo alberghetto di provincia. 

Ho sostituito i piaceri della carne per buttarmi a capofitto in quello che per me è il mio habitat naturale: il supermercato. Così, al posto di baci, carezze e cose del genere, riempio le mie lacune affettive mettendo nel carrello tutto quello che ci trovo di buono: pasta, sughi, prodotti freschi o surgelati. E poi insaccati, formaggi, verdure, tranci di pizza o di focaccia, pietanze già pronte, dolci, gelati, merendine varie e tanto altro ancora.   

Questo per i generi alimentari. Poi ci sono gli articoli per la casa (c’è sempre qualcosa che mi manca), i cosmetici, i prodotti per l’igiene intima, qualche cianfrusaglia che trovo qua e là nei vari scomparti o nei cestoni piazzati in bella vista per i clienti. Non sono contenta fino a quando il carrello non sia riempito a dovere, così che arrivo alla cassa con la sensazione di chi si è ben rimpinzato e non ha bisogno di rifocillarsi ancora.

Tutto normale, si direbbe, lo fanno tutti. Se non fosse per la quantità esagerata delle cose che compro. Riempio il frigo con tanta di quella roba da sfamare un esercito, e lo svuoto regolarmente non per soddisfare il mio appetito ma per buttare via il superfluo, o meglio, quello che nel frattempo è divenuto tale: vasetti di yogurt scaduti, pezzi di formaggio ammuffito, frutta marcia, preparati non consumati alla data di scadenza e molto altro.

Le cose inutili immagazzinate in una sorta di bulimia trasposizionale. Proietto negli oggetti la mia voglia insaziabile di cibo e nello stesso tempo di rifiuto per tutto ciò che dovrebbe appagarmi. Solo che a differenza del bulimico tutto avviene fuori di me: il frigorifero che si riempie e che si svuota agisce al posto del mio stomaco, del mio disequilibrio organico in cui naufrago assieme alla mia infelicità.

Un pendolo che oscilla tra il bisogno di procurarmi le cose e la smania di liberarmene nell’arco di una settimana a ciclo continuo. Come adesso che è sabato e tutto in casa sembra mancare. Mi procuro così la mia lista della spesa e mi preparo per la solita scorribanda nei luoghi che prediligo.

Squilla il telefono. So che è mia madre, lo fa tutte le mattine ed è un’abitudine che tollero a malapena. Mi parla delle solite cose, del vestito che dovrà mettersi per l’appuntamento con il partner di turno (è separata da mio padre da tempo immemore), o dell’ultima crema per il viso che farebbe sparire miracolosamente le rughe. Frivolezze che faccio fatica ad ascoltare, peggio delle cose inutili. Soprattutto non sopporto quando mi chiama “tesoro”, un appellativo che trovo accademico come tutto il rapporto che ha costruito con me.

“Ciao tesoro, stavi uscendo?”

“Sì”

“Sai che stanotte ho fatto un sogno e c’eri tu? Vuoi che te lo racconti?”

“Devi proprio farlo? Ho una certa fretta.”

“Ci metto un minuto, senti qua. Stiamo passeggiando per il parco di casa tenendoci per mano. Tu sei una bambina bellissima con tanti riccioli biondi, proprio come quell’attrice prodigio americana. Come si chiamava? Ah sì, Shirley Temple.”

“Mamma …”

“Aspetta. Ad un certo punto sento la terra franare sotto i piedi. Sto per precipitare ma mi aggrappo alla tua manina che mi tiene su con una forza straordinaria. Proprio nel momento in cui sto per farcela, il tuo sguardo si fa gelido, lasci la mano ed io sprofondo nel vuoto. E’ stato terribile!”

“Mamma, devo scappare.”

“Aspetta, Desy. Voglio dirti che ti voglio bene. Me ne vuoi anche tu?”

“Sì che te ne voglio. Ora devo proprio andare.”

Riaggancio, indosso il cappotto e prendo la borsa. Mi guardo allo specchio e mi vedo bella e sorridente come una donzelletta al dì di festa.

 

Tratto da: LETTURE AI TEMPI DEL CORONAVIRUS

 

 

 

 

 

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