GIOVANNA ALBI: ODORE DI BIMBO – LA STORIA DI CHIARA


Il diario dei sentimenti, delle emozioni nascoste e poi rivelate attraverso il racconto in terza persona della propria esperienza, sono gli ingredienti principali di questo interessante romanzo di Giovanna Albi, scritto con acume e cura nei particolari e finanche terapeutico nell'analisi di conflitti interiori irrisolti  e nella ricerca del senso di appartenenza a se stessi.

La storia di Chiara, protagonista delle vicende narrate, racchiude in realtà mille altre storie, mille sfaccettature dell’universo femminile enigmatico ma accattivante, semplice e allo stesso tempo controverso, fortemente critico e autocritico perché “l’analisi infinita è la prerogativa delle donne; gli uomini risolvono, le donne complicano.”

Il malessere del vivere (bene), la destrutturazione pirandelliana della propria personalità, l’abbassamento delle difese immunitarie di se stessi (perché il giudizio degli altri non collima mai con il proprio), accompagnano i racconti di Chiara come una costante inquietante ma anche appassionante e coinvolgente.

La soluzione del presente sta nella comprensione del passato. E qui emerge l’enigmatica figura di Francesca, altra protagonista “collaterale” della storia, una sorta di alter ego di Chiara che agisce nell'ombra e nei contorni delle vicende della narratrice come punto di riferimento indissolubile per la ricerca della propria interiorità.

E poi c’è Federico, il compagno ufficiale di Chiara, “l’odore di bimbo” che esalta l’attaccamento alle radici esistenziali della protagonista, sicché le avventure amorose vissute con altri partners sembrano il mezzo piuttosto che il fine per giungere ad un equilibrio dei sensi stabile e fortificato. Del ricordo di un suo amore passato Chiara scrive:“Poi pensa all'odore di bambino piccolo di Federico ed è assolutamente contenta di avere dieci anni in più.”

Chiara racconta e si racconta con ritmo incalzante, si lascia guidare dalla fantasia, unica àncora di salvezza per accettare la realtà attraverso la sua negazione.  Vive “mondi paralleli, metafora dei suoi vissuti dai quali non intende distaccarsi.” Lo fa senza convenzioni e regole precostituite, fino ad essere travolta e consumata dal suo stesso personaggio.

L’AUTRICE: Teramese di nascita, Giovanna Albi è laureata in Lettere Classiche e in Filosofia. Insegna latino e greco dal 1987 e collabora con l'Università di Perugia. Tra i suoi scritti “Splenderò nell'ombra" (2010), un diario antipsicoanalitico, di grande successo che partecipa al London Book Fair 2011. " L'avventura di Santiago" (2011). E nel 2012, oltre al romanzo in commento, “La favola bella di Sunthesis e Calipso”, in corso di stampa.

UNA CHICCA DEL ROMANZO: “Io non vivo, sono vissuta, non parlo, sono parlata, non sogno, sono sognata.

GIUDIZIO: Ben scritto, con un linguaggio ricco di metafore e di spunti di riflessione, "Odore di Bimbo-La storia di Chiara” è un romanzo a struttura aperta ad libitum con tecnica innovativa che si contrappone agli schemi usuali della letteratura tradizionale. Di forte impatto emotivo, il romanzo si colloca nella sfera dell’analisi introspettiva ed è capace di attrarre ed emozionare il lettore più esigente.

PONTE VECCHIO (INCIPIT DE "LA PROSSIMA VITA")

Ho smesso di sentirmi giovane dal giorno della morte di mia madre. Prima di allora pensavo che la vita potesse riservarmi molte prospettive e speranze, talché la mia condizione di uomo era piuttosto proiettata in un futuro non ben definito, ma ancora pieno di cose da scoprire e da conquistare.
Avevo da poco superato i quarant’anni e la mattina precedente il funerale mi guardai allo specchio notando, con sorpresa, due sottili solchi ai lati degli occhi che ben presto avrebbero preparato il terreno alle prime rughe. Avvertivo qualcosa di più del normale abbattimento per l’affetto appena mancato, come se tutto ad un tratto ogni parte del mio corpo si fosse inevitabilmente trasformata e cominciasse a dare i segni di una prematura senilità.
In genere in circostanze come queste si piange molto. Io lo feci al punto da provare sollievo per essere riuscito a dare la prova visiva del mio dolore.
Sono sempre stato refrattario a manifestare i miei sentimenti. Fin da bambino mi domandavo se, alla scomparsa di una persona cara, sarei stato capace di mostrare la stessa disperazione che in circostanze simili leggevo nelle facce di parenti o conoscenti.
A dire il vero, quando mio fratello Enrico mi annunciò per telefono che la mamma era finita, rimasi come impietrito davanti alla cornetta, e l’unica frase che riuscii a dire fu un “va bene, ci vediamo domani”, alludendo con questo che da lì a poche ore avrei preso il primo treno per Roma, fino a raggiungere l’ospedale dove la mia povera madre si era spenta.
Ma appena misi giù il ricevitore cominciai a piangere a dirotto con le lacrime che, finalmente senza alcuna reticenza, mi ingorgavano il viso fino ad arrivarmi sul collo, come un fiume che durante un alluvione oltrepassa gli argini senza incontrare alcun ostacolo.
Abitavo in un piccolissimo appartamento preso in affitto con le finestre che davano su Ponte Vecchio a Firenze. Mi ero trasferito in quella città da oltre dieci anni, da quando cioè ottenni un posto come docente di filosofia in un liceo classico. In realtà, avevo preso questa decisione non tanto per una semplice opportunità professionale, quanto piuttosto per allontanarmi dalla mia famiglia e, in particolare, da mio padre, verso il quale non ho mai nutrito grande affetto.
Basta, dopo la telefonata di Enrico e il mio pianto disperato, consultai gli orari dei primi treni che all’indomani sarebbero partiti per Roma; poi presi un borsone nel quale infilai appena un vestito di ricambio e alcuni effetti personale, preparandomi per quello che speravo si trattasse di un brevissimo soggiorno nella casa di mio fratello.
Ora, l’intenzione di fermarmi il più breve possibile a Roma potrebbe apparire contraddittoria rispetto al dolore che avevo provato all’annuncio della morte di mia madre. In verità, ero particolarmente preoccupato per alcune situazioni o aspetti pratici che avrei dovuto inevitabilmente affrontare. Innanzitutto, mi seccava enormemente dover incontrare persone che al mio cospetto contavano poco o che addirittura detestavo, prima fra tutte, mio padre.
In secondo luogo, avrei dovuto occuparmi, sia pure con la collaborazione di mio fratello, delle questioni rituali inerenti alla organizzazione del funerale, alla scelta del loculo, agli accordi con l’agenzia di pompe funebri e con il personale comunale dei servizi cimiteriali, al rilascio di autorizzazioni e pratiche amministrative varie, insomma, a tutte quelle cose che ero costretto a fare nonostante avessi bisogno di restare da solo con il mio dolore. In terzo luogo, ma non ultimo di importanza, ero convinto che quanto più fosse durata la mia permanenza a Roma, tanto meno sarei riuscito ad affrontare certe questioni familiari che dal giorno del mio trasferimento a Firenze pensavo di avere definitivamente accantonato.
Mi accasciai sul divano e mi dedicai alla mia attività preferita: il pensiero. E’ un mia caratteristica quella di parlare poco e di pensare molto, soprattutto mi piace farlo in determinati momenti della giornata come la sera tardi, quando i rumori della città cominciano ad attenuarsi. A che cosa pensavo? Innanzitutto al fatto che non avrei più potuto sentire la voce di mia madre e già mi mancavano le sue telefonate settimanali, quando mi domandava se stavo bene, se il lavoro tirava e se un giorno o l’altro mi sarei deciso finalmente a farle visita. Erano le solite domande di una madre premurosa verso il proprio figlio, alle quali qualche volta rispondevo con tono seccato, ma che adesso mi mancavano terribilmente. Mentre ricordavo queste parole, mi parve di vedere la figura di mia madre, snella, con il corpo ben slanciato e molto più giovane di come l’avevo vista l’ultima volta. Eccola apparirmi con i capelli nerissimi, avvolti in un fazzoletto azzurro, un vestito dello stesso colore che le arriva alle ginocchia e una mano infilata in una delle tasche laterali. Il viso dalla forma regolare è però di un colore bianchissimo, che fa da contrasto con le profonde occhiaie sotto i grandi occhi neri. La vedo inchinarsi ad accarezzare i capelli di me bambino con i pantaloncini corti e una cartella a tracolla sulle spalle. Mi dice: “Su Leo, da bravo, ora vai a scuola, vedrai che la mamma più tardi verrà a prenderti.”
Già, la scuola! Mi ricordai ad un tratto che dovevo telefonare a Cinzia, la mia ex moglie, per avvertirla che il giorno dopo non avrei potuto accompagnare mio figlio Giulio alla gita scolastica. Eravamo separati da un anno, ma di comune accordo avevamo deciso di continuare a frequentarci esclusivamente nelle occasioni in cui il nostro ruolo di genitori ce l’avrebbe imposto.
Composi il numero di quella che per tre anni era stata anche la mia casa, e dall’altra parte Cinzia rispose con la sua solita voce calma e sorniona. Le spiegai quello che mi era accaduto cercando di controllare per una sorta di pudore la mia commozione.
-“Mi dispiace tanto Leo, posso fare qualcosa per te?”-
-“No, ti ringrazio. Piuttosto, dovresti dire a Giulio che domani non potrò accompagnarlo.”-
-“Non preoccuparti, lo farò io. Chiederò un permesso.”-
Cinzia lavorava come vicaria alla direzione didattica della scuola materna di mio figlio.
-“Sicuro Leo che non hai bisogno di niente?”-
-“No, no… è meglio che ti occupi di Giulio. Ci vediamo al mio ritorno.”-
Riagganciai e mi strinsi nelle spalle domandandomi che cosa avrei fatto nei prossimi cinque minuti. In quel momento avevo soprattutto bisogno di fare o pensare a qualsiasi cosa pur di tenere la mente occupata e lontana dal senso di solitudine che provavo.
Mi accostai alla finestra e notai una coppia di giovani amanti che sotto i portici di Ponte Vecchio si scambiavano carezze. Non potei fare a meno di pensare ai tempi in cui io e Cinzia, proprio in quel medesimo posto, passavamo le sere a tenerci per mano e a guardarci a lungo negli occhi, mentre l’Arno scorreva lento e silenzioso. Allora eravamo trasportati dall’ansia e dalla curiosità di immaginare il nostro futuro quanto più roseo possibile, senza lasciarci scalfire minimamente dal dubbio che la nostra unione, presto o tardi, non sarebbe stata più così intensa e coinvolgente come gli sguardi che ci scambiavamo.
Si dice che niente è per sempre e che l’amore, più di ogni altra cosa, è come una fiamma destinata a spegnersi non appena il vento si alza un po’ di più...
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ZERO CON LODE


Dopo quattro anni dall'uscita dell’album “PresenteRenato Zero torna con un nuovo lavoro dal titolo “Amo-Capitolo 1”, coniato in ceralacca sulla copertina del disco come un marchio da imprimere nel cuore degli ascoltatori.

Il Re dei sorcini non si smentisce nel suo genere, anche se gli anni passano e la mutevolezza del tempo si fa sentire sul piano delle idee e della comunicazione, oggi meno introspettiva e più fuggevole sia nella forma che nella sostanza.

In verità una certa nostalgia per gli anni passati sembra aleggiare in questo nuovo album dell’artista romano, quasi come un richiamo ai valori più autentici di un comune sentire che aveva saputo unire le generazioni "post-sessantottine", fare della diversità e del disadattamento i malesseri cardini delle tematiche sociali di quell'epoca.

Ne è una riprova il brano di apertura dell’album, “Chiedi di me”, ricco di atmosfere echeggianti un passato che non c’è più, quasi una riproposizione, riveduta e corretta, di “Mi vendo”, canzone hit con la quale Renato si fece conoscere al grande pubblico ottenendo un successo strepitoso senza precedenti.

Le parole di ieri “Mi vendo la grinta che non hai”, oggi si sono trasformate in una offerta di aiuto per recuperare emozioni disperse: “la bellezza di quegli anni tuoi fatica a mostrarsi posso capirti  sai, chiedi di me”.

Intensa e coinvolgente è la bellissima “Lu”, che Zero dedica all'amico scomparso, Lucio Dalla, ricca di sottolineature del vuoto lasciato dal grande artista bolognese:“la differenza nel vivere la fa l'intensità a te l'applauso mio, fai che questo non sia un addio…” 

E poi Angelina, dedicata ad una portinaia, figura professionale “esodata” dal tempo, cui Zero ringrazia per “tutti quei sorrisi tuoi tanta tenerezza che mi porto dentro ormai”

Molto orecchiabileVoglia di amare”, accompagnata da chitarre acustiche in stile “country”, con la quale Renato tenta di esorcizzare l’enfasi del ricordo: “ci siamo ammalati di malinconia lasciando che il tempo ci portasse via la parte migliore quel sano bisogno di follia …”

Il brano conclusivo di questo album che prelude a nuovi capitoli s’intitola “La vita che mi aspetta” ed ha il sapore di una ritrovata energia ma anche di disincanto per un domani da affrontare più preparati e senza più sorprese…

”La vita che mi aspetta non mi fa paura …”

Per i fedelissimi “sorcini”, ecco le prime date del tour 2013, tutte programmate a Roma:

  • 27 aprile 2013 ROMA    Palalottomatica
  • 29 aprile 2013 ROMA    Palalottomatica
  • 30 aprile 2013 ROMA    Palalottomatica
  • 03 maggio 2013 ROMA  Palalottomatica
  • 04 maggio 2013 ROMA  Palalottomatica
  • 09 maggio 2013 ROMA  Palalottomatica
  • 10 maggio 2013 ROMA  Palalottomatica
  • 12 maggio 2013 ROMA  Palalottomatica
  • 13 maggio 2013 ROMA  Palalottomatica
  • 15 maggio 2013 ROMA  Palalottomatica.

HABEMUS PAPAM

Jorge Mario Bergoglio è il 266esimo Papa eletto dopo cinque scrutini. Succede a Ratzinger con il nome di Francesco I, dedicato al frate poverello di Assisi.
Inizia così, sotto il segno dell'umiltà, l'atteso nuovo pontificato dopo una vacatio di appena tredici giorni dalle dimissioni di Benedetto XVI.


L’elezione di Bergoglio è andata oltre i pronostici della vigilia che davano per favoriti l’italiano Scola o il brasiliano Scherer. In realtà, come si è  appreso successivamente, il nuovo Papa era risultato il primo dei non eletti già durante il conclave di Ratzinger. Si è trattato quindi di un ritardo di qualche anno.
"I miei fratelli cardinali sono andati a prenderlo quasi dalla fine del mondo", sono state le prime parole di Papa Francesco, alludendo alla sua provenienza dall'Argentina.


Prima della benedizione Urbi et Orbi Bergoglio, con un gesto di grande umiltà, ha chiesto di essere benedetto dai suoi fedeli facendo subito capire l’importanza del loro sostegno nella delicata missione di pace e di fratellanza. Ha poi recitato le preghiere del Padre Nostro e dell’Ave Maria, ovvero le prime che i bambini imparano dall'insegnamento religioso, come a voler sottolineare la semplicità delle parole e della comunicazione nell'opera di evangelizzazione.


E’ stato un esordio che è piaciuto ai milioni di fedeli che hanno assistito da ogni parte del mondo all'investitura del nuovo pontefice e che, per certi versi, ha ricordato la stessa ironia e semplicità del compianto Papa Wojtyla quando, nel lontano 1978, si presentò alla platea poco dopo la sua elezione con frasi che sono rimaste nella storia e nel cuore di tutti noi: “Se sbaglio mi corrigerete.” “Hanno scelto un Papa venuto da molto lontano”.

Chiusa l’era Ratzinger, se ne apre un’altra che si spera più proficua e che soprattutto aiuti la Chiesa a rinascere, come la Fenice, dalle ceneri in cui, per le note vicende, è miserevolmente sprofondata.
Ma se il buongiorno si vede dal mattino, il futuro è meno incerto.

SCRITTORI SI NASCE …


Emanuele Properzi  è uno scrittore, blogger ed esperto di web marketing. Laureato in Ingegneria, ha pubblicato nel 2009 “Apologia del piano B”, un romanzo che ha come tema la crisi generazionale di un gruppo di trentenni alla ricerca della propria identità.

Ho conosciuto Emanuele attraverso il suo sito web http://www.scrittorevincente.com/ dedicato ai consigli e suggerimenti per diventare uno scrittore di successo.

Emanuele ha pubblicato un manuale dal titolo “109 Segreti per Promuovere alla Grande il Tuo Libro” che i lettori possono scaricare gratuitamente cliccando sul link in fondo a questo post.

E’ un libro ben scritto, dal taglio pratico e direi pre-operativo, in quanto illustra le varie tecniche che un autore seriamente motivato può mettere in pratica per far sì che la propria opera raggiunga il più largo numero di consensi.

Elemento fondamentale di questo manuale è il tempo che un autore deve ritagliarsi per attuare le opportune strategie promozionali, senza lasciare nulla al caso e all'improvvisazione.

In Italia si fa ben poco per la cultura, non basta aver scritto un buon libro o aver trovato un editore disposto a pubblicarlo. Se si considera inoltre che vi sono più scrittori che lettori e che quindi l’offerta è ampiamente maggiore della domanda, è facile intuire le innumerevoli difficoltà per districarsi nel vespaio di questa moltitudine fatta più di quantità che di qualità.

Ecco allora la necessità di ridisegnare la figura dello “scrittore” nella duplice viste di autore e di promotore, partendo dal fatto che gran parte degli editori fanno ben poca promozione dei libri che pubblicano.

Personalmente ritengo che in questi casi la ponderazione sia fondamentale. Vi sono tanti bravi scrittori che purtroppo non riescono ad emergere perché non hanno… Santi in Paradiso. Il rischio del manager-scrittore è quello di rimanere ai margini di cerchie elitarie e di non sapersi orientare senza un adeguato supporto. E questo Emanuele, molto saggiamente, lo premette nelle pagine iniziali del manuale.

Credo che uno scrittore debba soprattutto saper fare il proprio mestiere che è quello di scrivere bene, arrivare al cuore dei lettori incuriosendoli, coinvolgendoli ed emozionandoli. La trasformazione di questa figura in qualcosa che abbini la creatività al pragmatismo, alla concretezza, al senso degli affari è sicuramente un'evoluzione della specie, una necessità oggettiva chiamata a sopperire... il nulla che c'è intorno.

Manca una vera e propria educazione alla cultura che dovrebbe svilupparsi fin dai banchi della scuola, manca un progetto a rete nel quale i principali attori (biblioteche, editori, Istituzioni, accademie e associazioni culturali, ivi compresa la carta stampata o multimediale) interagiscano e sostengano i promotori di questa splendida arte affinché l'asticella scrittori/lettori non sia troppo sbilanciata a favore dei primi. 

Ricordate “50 sfumature di grigio” (e le altre "colorate" consorelle) di E L James? Pare che l’enorme successo di quest’opera sia stato il passaparola delle lettrici di Facebook  Ma il dubbio che ciò sia stato per merito di una capillare comunicazione multimediale o piuttosto della "sfrenata lussuria" raccontata dalla scrittrice è più che legittimo.

Non so se il manuale di Properzi possa essere la chiave di successo di chi intende affermarsi in un mondo, come quello letterario, fortemente variegato e concorrente, ricco di insidie e di lusinghe che troppo spesso lesina illusioni e poche certezze. Di certo i suoi suggerimenti possono essere utili, quanto meno sotto il profilo del supporto e dell’orientamento verso una maggiore visibilità e consenso.

Fermo restando che occorre innanzitutto scrivere con qualità e armarsi di tanta pazienza per attuare le migliori strategie promozionali.

Scrittori si nasce …promotori si diventa!
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A. BAGNATO: LE FINESTRE DEI PENSIERI


L’anatomia del pensiero è raccontata in questo bel saggio di Alessandro Bagnato con un linguaggio moderno, scorrevole e pieno di spunti di riflessione.

Il simbolismo delle “finestre” che si aprono e si chiudono come l’apertura e la chiusura della nostra mente, rappresenta il filtro attraverso cui si sviluppa la ricerca (e il limite) della conoscenza umana, come un percorso ad ostacoli fino ad arrivare ad una verità possibile perché la filosofia, lungi dal risolversi in una certezza assoluta, è “una scienza che dona la consapevolezza dei propri mezzi intellettivi”.

Il silenzio, la memoria, il tempo, accompagnano e sostengono lo sviluppo del pensiero e le sue manifestazioni. Perché il silenzio è l’habitat naturale in cui alberga il pensiero, libero di esprimersi e di “perforare il globo da un emisfero all’altro”.Perché la memoria  è quella fase in cui il pensiero riaffiora per sopravvivere “per un tempo non determinabile e non realizzabile:” E il tempo, come scrisse Sant’Agostino, è “l’unità originaria di ogni pensiero”.

In questo viaggio interiore del nostro essere, Bagnato esplora le possibili chiavi di volta per arrivare alla comprensione di ciò che siamo (o desideriamo essere), si “serve” di una guida autorevole, -come lo fu Virgilio per Dante ne “La Divina Commedia”-, rappresentata dai più illustri pensatori che con le loro opere memorabili hanno contribuito a delineare i possibili significati del pensiero, finanche tautologici nelle sue innumerevoli sfaccettature.

Il lettore è “rapito”, coinvolto e sollecitato in questo percorso introspettivo che è un invito all’osservazione, all’ascolto e alla scoperta di ciò che si nasconde in ogni proposizione del saggio per giungere all’auto-identificazione, al confronto con la propria esperienza e al richiamo catartico del già vissuto e sperimentato. “Come i filosofi dell’antica Grecia, i quali amavano parlare per persuadere i loro interlocutori che si fermavano nelle agorà, ad ascoltarli.”

Numerosi sono i richiami e i riferimenti alla realtà attuale, come ad esempio l’evoluzione (o l’involuzione) del potere politico e quello dell’informazione ben descritti nel capitolo “Le finestre dell’imperialismo” in cui l’autore mostra uno spaccato di vita reale e moderno senza mai cadere nell’ovvietà, ma stimolando l’autocritica e la riflessione: “Ci si ferma alla generale lettura e non si cerca di analizzare l’autenticità della fonte presa in esame. Quindi, non si cerca più nei documenti accatastati nelle biblioteche, ma si naviga in internet e a volte si diventa vittime dello stesso web.”

E si sa che la Storia è fatta di corsi e di ricorsi. Il sentire della nostra coscienza è rimasto immutato nel tempo, quello che cambia è il nostro modo di essere nelle sue molteplici apparenze. Cambiano le finestre …

L’AUTORE: Milanese di nascita, Alessandro Bagnato vive in provincia di Vibo Valentia ed è laureato in Filosofia e Scienze Umane. Fin da piccolo dimostra una spiccata propensione per la scrittura e per la filosofia: Tra le sue pubblicazioni si citano Tra etica e morale (Arduino Sacco) e Le finestre dei pensieri (Booksprint Edizioni).  

UNA CHICCA DEL SAGGIO: “Le finestre non hanno un modo universale per mostrarsi all’occhio umano ma ad essi si presentano in varie forme, come la storia, il pensare, la filosofia, la psicologia, o addirittura come l’elemento chiave dei Presocratici dell’antica Grecia che essi chiamavano archè.

GIUDIZIO: Nonostante la giovane età (classe 1984), Alessandro Bagnato dimostra di avere un’ottima proprietà di linguaggio e una  preparazione culturale di assoluto rilievo. Le tematiche filosofiche sono affrontate con chiarezza espositiva e con buona capacità attrattiva. E’ un libro da consigliare ai cultori dell’arte dello scrivere e… del pensare.

DOVE SCOPRIRE "LE FINESTRE DEI PENSIERI":