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BIANCO FATALE

Si sa che la paura del foglio bianco colpisce soprattutto chi è dedito alla scrittura. E’ una paura antica e consueta che risale fin dai tempi della scuola, quando davanti alla traccia di un tema si restava con gli occhi smarriti indugiando a scrivere le prime parole d’inchiostro sul mitico foglio protocollo.

C’è chi scrive di getto lasciandosi guidare unicamente dall'estro e dall'ispirazione innata o indotta dalla situazione del momento. Ricordo che ai tempi del liceo c’era un mio compagno di classe particolarmente avvezzo con la penna: riusciva a sfornare temi come noccioline e poi, per guadagnarsi un paio di sigarette o un caffè, li “vendeva” a proseliti pigri o svogliati.

Ma sono pochi ad essere dotati di questo dono naturale. Per la maggior parte delle persone la paura del foglio bianco è qualcosa che ci si porta dietro negli anni e che è più o meno ricorrente a seconda dell’attività che si è deciso di intraprendere. Per gli scrittori, ad esempio, è un vero e proprio incubo che sopravviene soprattutto nella fase di approccio al romanzo.

Esistono varie tecniche per tentare di esorcizzare quello che comunemente viene definito lo spettro del blocco della penna.

Alcuni scrittori preferiscono preconfezionare nella mente, sia pure a grandi linee, la storia da raccontare prima di metterla giù su carta (o sul pc); altri optano con l’annotazione di appunti, pensieri, raccolta di materiale documentale costruendosi una sorta di archivio corrente da utilizzare nella fase di stesura del manoscritto; altri ancora sono meditabondi, osservatori, perfezionisti fino all'estremo, e scrivono solo quando sono in stretta simbiosi con le proprie percezioni sensoriali.

Io appartengo a quest’ultima categoria.

Non sono uno scrittore fluente e non farei la fortuna degli editori. Sono due anni che ho iniziato a scrivere il secondo romanzo dopo "La prossima vita" e non so se riuscirò mai a finirlo. Questo perché la realtà che mi circonda non è particolarmente foriera di idee né di atmosfere giuste per calarmi con profitto nel mondo dell’immaginazione.

Allora tutto appare nebuloso come un manto di neve che scende dalle finestre delle mie stanze, bianco fatale che non mi fa vedere più nulla.

Come i versi di una mia canzone tratta da “L’aquila non ritorna”:

Niente di nuovo perché
non vedo niente davanti a me
Niente di nuovo perché
la vita passa anche senza di te …

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