LA FINE DI UN AMORE

La fine di un amore è un fatto tragico 
per chi credeva fosse magico 
Per noi lo sai non fu così 
Di colpo già svanì 

La fine di un amore è un dramma unico 
per chi credeva fosse mitico 
Per noi lo sai non fu così 
Al sole si sbiadì

E guardarsi dentro un'altra volta 
per un sentimento che non molla 
Forse è stata mia tutta la colpa 
Ho inseguito inutilmente un sogno 
che non è mai stato mio

La fine di un amore è come un giallo che
non scopri mai chi sia il colpevole 
Per noi lo sai non fu così 
entrambi ci punì 

La fine di un amore è un romanzo che
si scrive ma poi non si legge mai
Per noi lo sai non fu così 
il cuore ci scalfì

Forse è stata mia tutta la colpa 
Ho inseguito inutilmente un sogno 
che non è mai stato mio

CHE BRUTTA RAZZA GLI SCRITTORI!


Non si vive di sole parole, soprattutto di questi tempi con l’emergenza epidemiologica ed economica che sta mietendo vittime ed allargando le maglie del disagio sociale. Non c’è spazio per il verbo, conta sopravvivere, andare avanti e costruirsi una vita dalle ceneri di questo tsunami invisibile.

Non è un caso che tra le attività consentite nella c.d. fase 2, la cultura, l’arte, la rappresentazione espressiva dell’anima giacciono in un  limbo indefinito, fanalini di coda di un corteo che lentamente avanza per ripopolare strade e luoghi di ritrovo abituali. C’è ancora da osservare il distanziamento sociale e le altre precauzioni che ormai abbiamo imparato a memoria. E chissà quanto tempo ancora ci vorrà perché tutto ritorni alla normalità.

Certo, anche le biblioteche sono state riaperte sia pure consentendo prestiti in gran parte on line ed osservando precisi protocolli sanitari, come la quarantena dei libri passati al tatto di mani potenzialmente infette. Il mercato virtuale dovrebbe essere esploso a più non posso ma, come si dice, non è sempre oro tutto ciò che luccica.

Se già prima di questa tempesta virulenta e virale si leggeva poco, figuriamoci adesso che l’asticella del benessere sociale è precipitata verso il basso con ben altre esigenze e priorità da affrontare.

Cosa vogliono allora questi scrittori che vendono parole, storie immaginarie e sogni che calati nella realtà si trasformano in incubi? Brutta razza questi scrittori che si muovono a spintoni per cercare spazio tra la folla, diffidente e disorientata, per dispensare emozioni. Untori di una vita parallela che nella dilagante povertà cui stiamo assistendo è reietta e guardata con sospetto.

C’è bisogno di evasione, ma quella del pensare o del riflettere costa fatica ed impegno. E forse di questi tempi c’è bisogno del disimpegno spicciolo e senza troppi fronzoli. Dopo un lockdown che sembrava non finire mai, la tendenza è quella di catapultarsi all’aperto per prendersi in faccia tutta l’aria di cui si ha bisogno come quando, dopo una lunga apnea, si emerge dal fondo con la sola voglia di respirare.

Chi sono questi scrittori, parolai di sempre o dell’ultima ora che non ci incantano più. Per prima cosa c’è da costruire una vita partendo dalle fondamenta di case abbattute che vanno disinfettate e rese asettiche. All'involucro ci penseremo poi.

Agli scrittori e ai poeti ci penseremo domani.

LETTURE AI TEMPI DEL CORONAVIRUS


In questi tempi difficili, di angoscia e trepidazione, in cui l’Italia intera sta combattendo contro un nemico invisibile, l’epidemia da COVID 19, meglio conosciuta come “Coronavirus”, ho pensato di raccogliere in questo e-book 32 racconti brevi da me scritti nel corso degli ultimi otto anni sul mio blog “Le parole del mio tempo”.

Lo scopo è quello di offrire a tutti coloro, che in questi giorni sono costretti a rimanere a casa per limitare la diffusione del contagio, uno strumento di lettura a struttura sistematica che mi auguro possa essere piacevole e distensivo.

Sono racconti che abbracciano vari temi della nostra esperienza quotidiana, dal terrorismo post moderno alla violenza sulle donne, dall'anoressia al male di vivere della depressione, dal carrierismo alla solitudine quale scelta obbligata o voluta nell'Era della comunicazione virtuale.

Tutti temi strettamente legati alla realtà e accomunati da un unico denominatore rappresentato dalla riflessione e dal senso di autocritica più o meno marcato. Un viaggio alla scoperta delle emozioni più recondite dell'animo umano con uno sguardo rivolto al futuro sperando che sia migliore e memore di ciò che è stato negativo nella propria esperienza di vita.

Il libro è pubblicato su Amazon sia nel formato e-book (gratuito fino al 23 maggio prossimo) che nella versione cartacea.

I proventi di questo libro saranno devoluti all'Ospedale S.Anna di Como per la lotta contro il coronavirus.

Grazie a quanti aderiranno e apprezzeranno questa iniziativa.


LO SCARABOCCHIO


In molti libri pubblicati da scrittori e da editori si leggono tanti errori di grammatica o di sintassi che sono un duro colpo per i lettori che li hanno acquistati.  Dei veri e propri strafalcioni che abbassano di molto la qualità del prodotto a prescindere dalla trama, più o meno godibile. Uno scarabocchio che è un insulto agli amanti della buona lettura.

È un fenomeno molto diffuso che si registra non solo nella vasta platea degli scrittori “fai da te”, ma anche, fatto ancor più grave, quando il libro è pubblicato da case editrici, per lo più piccole e anonime, che offrono un servizio di editing davvero scadente.

Si dice che la sostanza debba prevalere sulla forma ma nel mondo della letteratura questi due fattori sono un binomio indissolubile che devono andare necessariamente a braccetto se si vuole parlare di opera letteraria vera e propria.

Nel mondo della letteratura non vale il detto “parla come mangi”, c’è bisogno di raffinatezza, proprietà linguistica, capacità di elaborare concetti, anche complessi, in modo scorrevole e di facile presa senza perdere di vista le regole grammaticali di base: soggetto, predicato e complemento, ciascuno al posto giusto.

Un libro, un buon libro, deve saper “comunicare” , altrimenti è solo un ammasso di parole, spesso scoordinate tra loro e senza costrutto. Anche una trama, potenzialmente interessante, rischia di essere travolta da questo disordine espositivo a tutto danno della qualità, della leggibilità e comprensione della storia narrata.

Spesso si leggono commenti del tipo “Ho letto solo le prime pagine”, “Questo libro è un mattone”, “Che delusione! Mi aspettavo molto di più.” E accade, badate bene, non solo quando l’opera è scritta  da autori sconosciuti ma anche quando è prodotta da scrittori già affermati e pluripubblicizzati. Qui la delusione è doppia: la fiducia riposta nello scrittore di grido viene tradita nei fatti da un prodotto scarso che di letterario ha soltanto il nome.

Scrivere oggi non è come si faceva un tempo. Molti pensano di essere capaci di farlo, favoriti anche da una tecnologia informatica di tipo “popolare” e “globalizzante” che permette a tutti di scrivere o di dire quello che si vuole mentre il più delle volte sarebbe meglio tacere ed astenersi dal cimentarsi in imprese già votate al fallimento.

Questa democratizzazione dello scrittore o pseudo tale è altresì favorita dalla mancanza di una vera e propria selezione che impedisca sul nascere la diffusione di tanti scarabocchi. Ma anche quando c’è, succede che gli stessi “valutatori” peccano di capacità e competenza.

Per scrivere bene c’è bisogno di leggere tanto ed essere dotati di una buona base di cultura. Ma potrebbe non bastare se non c’è l’ingrediente principale: il talento.

Il talento non s’inventa. O ce l’hai o non ce l’hai.

NON MI PIACI

Di questi tempi l’affermazione personale è sempre più condizionata dalla virtualizzazione delle relazioni, dalla corsa frenetica a conquistare quanti più “mi piace” possibili, dall'essere circondati da una schiera di “followers” che non si sa bene che faccia abbiano, se esistono davvero o se sono piuttosto il prodotto di una popolazione immaginaria, ovattata e impalpabile.

 Gli strumenti mediatici messi a disposizione sorreggono questa inclinazione ad accaparrarsi il consenso  in qualunque forma virtuale possibile, tenendosi ben lontani da un’esposizione diretta, concreta e percepibile dai potenziali sostenitori del mondo reale.

 In una società nella quale lo scollegamento tra i bisogni programmati e i bisogni percepiti è sempre più ampio e marcato, tutto viene sovvertito e risolto nella grande illusione di distribuire felicità e benessere laddove invece si prolificano focolai di emarginazione, disadattamento e impoverimento della ricchezza materiale.

 Questa grande illusione è ben palpabile ed evidente nel mondo della tecnologia informatica in cui ciascuno di noi si muove in un ruolo non definito, chiuso in una gabbia di cristalli liquidi dove tutto è fluttuante ed evanescente. Causa anche il distanziamento sociale imposto dall'emergenza epidemiologica del Covid 19, le diverse modalità di contatto virtuale sembrano enfatizzare anziché annullare l’isolamento in nome di una coesione sociale più vagheggiata che raggiungibile.

 Succede che se non si riesce a districarsi in questi meccanismi perversi, si resta fuori senz’appello. Gli ingranaggi di questo sistema elevano il potere della comunicazione mediatica al rango di strumento subdolo laddove utilizzato per distorcere le informazioni e persino i giudizi verso questa o quella persona.

 La collezione di una sfilza di “mi piace” finisce col diventare il (falso) metro di giudizio del valore e delle capacità personali che si ostentano on line.   

 Rimane fuori l’altra parte dei “non mi piace” o, se preferite, dei “non mi piaci”, la più vasta, che il mondo, questo mondo, sta dimenticando...