ULTIMO POST
- Ottieni link
- X
- Altre app
In
molti libri pubblicati da scrittori e da editori si leggono tanti errori di
grammatica o di sintassi che sono un duro colpo per i lettori che li hanno
acquistati. Dei veri e propri
strafalcioni che abbassano di molto la qualità del prodotto a prescindere dalla
trama, più o meno godibile. Uno scarabocchio che è un insulto agli amanti
della buona lettura.
È un
fenomeno molto diffuso che si registra non solo nella vasta platea degli
scrittori “fai da te”, ma anche, fatto ancor più grave, quando il libro è
pubblicato da case editrici, per lo più piccole e anonime, che offrono un
servizio di editing davvero scadente.
Si
dice che la sostanza debba prevalere sulla forma ma nel mondo della letteratura
questi due fattori sono un binomio indissolubile che devono andare
necessariamente a braccetto se si vuole parlare di opera letteraria vera e
propria.
Nel
mondo della letteratura non vale il detto “parla come mangi”, c’è
bisogno di raffinatezza, proprietà linguistica, capacità di elaborare concetti,
anche complessi, in modo scorrevole e di facile presa senza perdere di vista le
regole grammaticali di base: soggetto, predicato e complemento, ciascuno al
posto giusto.
Un
libro, un buon libro, deve saper “comunicare” , altrimenti è solo un ammasso
di parole, spesso scoordinate tra loro e senza costrutto. Anche una trama,
potenzialmente interessante, rischia di essere travolta da questo disordine
espositivo a tutto danno della qualità, della leggibilità e comprensione della
storia narrata.
Spesso
si leggono commenti del tipo “Ho letto solo le prime pagine”, “Questo
libro è un mattone”, “Che delusione! Mi aspettavo molto di più.” E
accade, badate bene, non solo quando l’opera è scritta da autori sconosciuti ma anche quando è
prodotta da scrittori già affermati e pluripubblicizzati. Qui la delusione è
doppia: la fiducia riposta nello scrittore di grido viene tradita nei fatti da un prodotto scarso che di letterario ha soltanto il nome.
Scrivere
oggi non è come si faceva un tempo. Molti pensano di essere capaci di farlo,
favoriti anche da una tecnologia informatica di tipo “popolare” e “globalizzante”
che permette a tutti di scrivere o di dire quello che si vuole mentre il più
delle volte sarebbe meglio tacere ed astenersi dal cimentarsi in imprese già
votate al fallimento.
Questa
democratizzazione dello scrittore o pseudo tale è altresì favorita dalla
mancanza di una vera e propria selezione che impedisca sul nascere la
diffusione di tanti scarabocchi. Ma anche quando c’è, succede che gli stessi
“valutatori” peccano di capacità e competenza.
Per
scrivere bene c’è bisogno di leggere tanto ed essere dotati di una buona base
di cultura. Ma potrebbe non bastare se non c’è l’ingrediente principale: il
talento.
Il
talento non s’inventa. O ce l’hai o non ce l’hai.
Commenti
Posta un commento
Posta il tuo commento. Sarò lieto di conoscere la tua opinione.