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L’innocenza dei musulmani,
il film del regista californiano Sam Bacile, ha scatenato le proteste e le sanguinose
rappresaglie in tutto il mondo arabo.
A nulla è valsa la presa di
posizione del Segretario di Stato americano Hillary Clinton, che si è
dissociata dal film chiedendone l’oscuramento. Le opinioni più varie e
contrastanti tra intellettuali e non si sono propagate a macchia d’olio nei
mass media animando le discussioni in tutti i salotti possibili: dai social
network alle televisioni locali, nazionali e internazionali, dalla stampa ai
siti internet più ricercati e, per finire, tra la gente comune.
A ruota vi sono state altre
manifestazioni sul tema, come il settimanale francese Charlie Hebdo che ha pubblicato alcune vignette umoristiche su
Maometto, ricalcando le orme del giornale danese Jillanden Posten che nel 2006 scatenò sanguinose proteste nel mondo
islamico.
Il dibattito se debba prevalere
la libertà di espressione come conquista dell’era moderna o, piuttosto, una posizione decisa e censoria che metta al
bando gli eccessi del diritto di manifestare il proprio pensiero, prosegue a
ritmo incalzante senza una soluzione
condivisa.
Il film, come ha dichiarato lo
stesso regista Bacile, esprime una ferma condanna all’Islam, additata come “una
religione piena di odio, un cancro”.
E’ una dichiarazione forte che
merita una riflessione attenta e approfondita sull’uso lecito degli strumenti
di comunicazione (e il cinema lo è) senza ledere il rispetto o il sentimento
religioso di chi la pensa diversamente.
Quando si affrontano temi come la
religione o lo si fa con estrema attenzione e delicatezza o è meglio
rinunciarvi.
Non c’è onestà intellettuale che
tenga quando si parla di sentimenti religiosi per i quali ogni tentativo di analisi
introspettiva può portare con sé il rischio di non comprenderne il vero
significato suscitando reazioni che, come si è visto, sono rescissorie e
destabilizzanti.
Bisogna che prevalga il rispetto
della diversità mettendo al bando
manifestazioni di pensiero che hanno la pretesa di raccontare verità assolute
che, in realtà, non esistono.
E in questi tempi di divisioni
sociali ed economiche l’appello alla moderazione affinchè prevalgano sentimenti
di solidarietà che accomunano e non dividono
è quanto mai opportuno ed auspicabile.
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