VU CUMPRA’?

Sulle spiagge di quest’estate, ancorché anomala, imperversano i famigerati “Vu cumprà?”, instancabili venditori di foulards, occhiali da sole, abiti e oggetti vari fatti passare come autentici ma che in realtà sono un’imitazione venduta a prezzi stracciati.

Tralasciando le polemiche sollevate dal ministro Alfano che nei giorni scorsi ha intrapreso una campagna a difesa del “made in Italy”, palesemente contraddittoria rispetto all'operazione “mare nostrum sull'accoglienza degli immigrati, ho trovato una precisa correlazione tra questi ambulanti delle spiagge e i (pseudo) scrittori che s’intrufolano nella rete per promuovere la loro ultima “fatica”. Per entrambi il comune denominatore è la mistificazione, l’inganno, il tentativo di far passare come fedele all'originale il messaggio pubblicitario sotteso ai propri prodotti.

Ma se per i Vu cumprà?” vi è una sorta di giustificazione sociale dovuta alla loro necessità di sopravvivenza e alla consapevolezza del compratore della qualità non eccelsa degli articoli proposti, più difficile è smascherare questi scrittoridi nuova generazione che approfittando delle infinite possibilità dell’editoria digitale si presentano ai lettori con recensioni artefatte e a misura, fatte passare come oggettive e autentiche.

Il meccanismo è piuttosto semplice e perverso: si contattano amici accondiscendenti, meglio ancora scrittori in erba per scambiarsi recensioni apparentemente di qualità per scalare la vetta delle classifiche di vendita. Quante più recensioni col segno + si riescono a collezionare tanto maggiore sarà la visibilità del prodotto nei vari store digitali. In questo modo il lettore viene “spinto” a visualizzare i libri maggiormente recensiti disincentivandolo dalla ricerca a più ampio raggio.

E’ certamente una pratica di cattivo gusto. Io stesso sono stato contatto ma ho declinato l’invito senza pensarci nemmeno un secondo.

Il mio consiglio è di non fidarsi troppo di recensioni “pompose” e “sdolcinate”. Se proprio gli occhi non se la sentono di staccarsi dalle proposte “luccicanti”, almeno leggere l’anteprima (laddove consentita) per farsene un’idea prima dell’acquisto.

Altrimenti all'ennesimo passaggio dello scrittore-vu cumprà? meglio rispondere con un “No, grazie.”.

LE STRAGI SOMMERSE

La tragica scomparsa di Lorenzo, il bambino di Taranto di appena cinque anni colpito da un tumore al cervello, fa ritornare tristemente alla ribalta la questione dell’inquinamento ambientale prodotto dalle acciaierie dell’ILVA, colosso aziendale messo sotto accusa dalla magistratura per l’inadeguatezza delle misure a tutela della salute dei lavoratori.

Nel 2012 mi occupai di questa questione con un post nel quale rimarcavo le pesanti responsabilità dell’azienda e delle Istituzioni, entrambe colpevoli di aver fatto poco o nulla in termini di azioni preventive.

La morte del piccolo Lorenzo, assunto tristemente ad emblema degli effetti devastanti di questo disastro ambientale senza precedenti, mi spinge a rinnovare l’atto di accusa che avevo formulato con l’articolo menzionato, nella sottile speranza che non vi sia mai un tempo per dimenticare, per lasciare tutto com'è ed assistere passivamente a tante altre morti incolpevoli...

Ecco il post del 7 dicembre 2012:

Il sequestro degli impianti dell’acciaieria ILVA disposto dalla magistratura per le note inadempienze dell’azienda tarantina, ha scatenato un vespaio di polemiche e di contestazioni acuendo l’indignazione già suscitata per la violazione, sistematica e reiterata, delle norme sulla tutela dell’ambiente.

Il tema della salute dei lavoratori nei luoghi di lavoro e di quella, forse ancor più importante, dell’intera comunità della bellissima città di Taranto, ha prodotto una vera e propria insurrezione sociale senza precedenti, elevando da più parti un coro di (sacrosante) proteste ma favorendo, per converso, il passaggio mediatico del solito carrozzone nel quale si sono intrufolati gli ipocriti del potere, ovvero coloro che hanno a lungo “brillato” per la loro totale assenza o incapacità di decidere.

L’inquinamento industriale degli impianti dell’ILVA, ha generato nel periodo 2003-2009 un incremento vertiginoso del tasso di mortalità della popolazione tarantina rispetto alla media della regione Puglia: + 14% per gli uomini e  + 8% per le donne.

Sono questi i risultati del Rapporto Sentieri redatto per conto dell’Istituto Superiore della Sanità, nel quale vengono altresì specificate le tipologie delle malattie:
Per gli uomini +14% per tutti i tumori, + 14%  per le malattie circolatorie, +17% per quelle respiratorie, + 33% per i tumori polmonari, + 419% per i mesoteliomi pleurici.
Per le donne:+13% per tutti i tumori, +4% per le malattie circolatorie, +30% per i tumori polmonari, +211% per il mesotelioma pleurico.
Per i bambini, il tasso di mortalità è salito al 20% nel primo anno di vita e al 30-50% per le malattie di origine perinatale che si manifestano oltre il primo anno di vita. 

E’ un bollettino che suona a mò di strage subdolamente sommersa per anni di colpevole silenzio e di omesso controllo da parte delle Istituzioni preposte, che adesso paiono risvegliarsi dal torpore che le ha contraddistinte.

Come se non bastasse, il recente intervento del Governo con il decreto-legge 3 dicembre 2012 n. 207 (c.d.“sblocca sequestro”), finalizzato alla ripresa delle attività dell’azienda pur sotto la condicio sine qua non della puntuale osservanza delle prescrizioni a tutela dell’ambiente e dei lavoratori, ha scatenato il conflitto istituzionale tra i poteri dello Stato (legislativo e giudiziario), sicché la soluzione (all'italiana) proposta (produzione+salvaguardia ambiente e lavoratori) ha finito con lo scontentare un po’ tutti.

Resta il dato incontrovertibile di una morte annunciata, come di tante altre sciagure che si sarebbero potute evitare se solo ci fosse stata più coscienza nelle decisioni e nel controllo, mettendo al bando l’indifferenza e l’incapacità degli ignoranti.

Nell'attesa che il miracolo si compia, le ceneri dell’ILVA continueranno ancora a rabbuiare il cielo di Taranto allontanando il giorno in cui, al risveglio, le vittime di questa tragedia vedranno finalmente apparire ai loro occhi un mattino limpido e giusto.

FERRAGOSTO

Nel giorno più importante e atteso dell’estate mi viene in mente una simpatica poesia di Gianni Rodari, raffinato scrittore di letteratura per l’infanzia vissuto nel secolo scorso (1920-1980).

La poesia, che porta lo stesso nome di questa giornata, è dedicata ai bambini rimasti in città a causa delle ristrettezze economiche delle proprie famiglie. E quest’anno, a giudicare dai dati preoccupanti della crisi economica, di fanciulli a digiuno di vacanze ce ne sono davvero tanti.

Si dice che l’immaginazione è più fervida nei periodi di inedia e di recessione economica. Dove la realtà non allieta, la fantasia soccorre. Lo sapeva bene Rodari che quando pubblicò questa poesia nel 1960 all'interno della raccolta “Filastrocche in cielo e in terra”, raccontò sapientemente un aspetto della propria esperienza giovanile negli anni duri della guerra contrassegnati dalla fame e dalla miseria.

Mi piace pensare che l’auspicio di Rodari conclamato nei versi “Quando divento Presidente faccio un decreto a tutta la gente”, possa un giorno realizzarsi per mano di “uomini di buona volontà”. Perché se la felicità è un diritto di tutti, lo è ancor di più per i bambini del mondo. Vederli sorridere è la gioia più grande che si possa provare in tutti i giorni dell’anno. Ferragosto compreso.


Filastrocca vola e va
dal bambino rimasto in città.

Chi va al mare ha vita serena
e fa i castelli con la rena,
chi va ai monti fa le scalate
e prende la doccia alle cascate…

E chi quattrini non ne ha?
Solo, solo resta in città:
si sdrai al sole sul marciapiede,
se non c’è un vigile che lo vede,
e i suoi battelli sottomarini
fanno vela nei tombini.

Quando divento Presidente
faccio un decreto a tutta la gente;

“Ordinanza numero uno:
in città non resta nessuno;
ordinanza che viene poi,
tutti al mare, paghiamo noi,

inoltre le Alpi e gli Appennini
sono donati a tutti i bambini.

Chi non rispetta il decretato
va in prigione difilato”.

(G. RODARI)

BRIVIDI D’ESTATE

E’ un’estate poco italiana, poco mediterranea, direi quasi glaciale da mettere i … brividi! L’anticiclone delle Azzorre pare che sia approdato in altri lidi e non ne vuole proprio sapere di stazionare nella nostra bella penisola. Che abbia visto la peste bubbonica?

Chist'è 'o paese d' 'o sole, chist'è 'o paese d' 'o mare”, sono i versi di una celebre canzone. Di questi tempi, almeno per buona parte dello “Stivale”, direi che siamo diventati il paese dei nubifragi, e non solo “climatici”. In tempi di crisi economica, di delegittimazione della politica rispetto ai reali bisogni dei governati, tutto diventa indistinguibilmente tempestoso, perturbante, burrascoso.

Gli esperti dicono che un’estate così non si vedeva da oltre quarant'anni. Pare che la colpa sia del solito buco nell'ozono che ha sconvolto, da un ventennio a questa parte, l’andamento delle stagioni al punto da non riconoscerle più.

Per intanto facciamo i conti con la forza della natura che sta mietendo vittime e disastri. L’ultimo, quello del trevigiano,  è solo l’ennesimo che si aggiunge alla lunga lista delle … morti annunciate. Si dirà (come è già avvenuto), che la colpa è tutta dell’abnorme quantità d’acqua piovuta dal cielo dimenticandosi che nel “paese d’ ‘o sole”, si fa poco o nulla in termini di manutenzione e monitoraggio di torrenti, fiumi e in genere di tutti i siti orografici.

Dopo l’ennesimo fine settimana di acquazzoni, di fulmini e saette, mi vengono in mente pensieri più curiosi e strambi che rasentano persino la scaramanzia. Penso, ad esempio, al mio vicino di casa che da quando ha installato il condizionatore per godersi l’atteso refrigerio, non lo ha ancora potuto mettere all'opera. Che iella! Da quando l’ha fatto non c'è più stata una giornata estiva!

In queste giornate uggiose partire per i paesi esotici dove il sole non manca mai non se ne parla proprio. Costa troppo e per molti gli ottanta euro sono già finiti tra tasse e bollette da pagare. Ci aspetta un autunno “caldo”, ma mai come quest’anno l’avremmo preferito uguale a se stesso o quanto meno “tiepidino”.

E invece finiremo anche stavolta con lo scottarci senza alcuna crema solare in nostro soccorso.
Meglio allora goderci queste vacanze per quanto possibile, che a pensare al domani c’è sempre tempo.

Nonostante le bizze del sole e qualche altro nubifragio alle porte, si può essere felici lo stesso in compagnia di buoni amici, con un bicchiere di vino (rigorosamente brulè) e una bella canzone in sottofondo. Magari quella che fa “I’m singing in the rain” …



BUONE VACANZE A TUTTI I LETTORI DEL BLOG!

HO SMESSO DI CREDERE

Dall'album “Non c’è stato il tempo” del 1997, questa canzone, nonostante i diciassette anni compiuti, parla di un tema sempre attuale che è quello del disincanto, della disillusione e della presa di coscienza di quanto la realtà sia così diversa da come l’abbiamo immaginata …






Ho smesso di credere
agli occhi di un angelo
l'inverno passava e tu
restavi in un angolo


Da bambini siamo naturalmente inclini a credere a tutto ciò che ci viene detto. E’ una fiducia incondizionata che riponiamo nelle persone che ci sono accanto e alle quali affidiamo i nostri sogni e le nostre migliori aspettative

 così
con un sogno
che sembrava
grande come il cielo
più del mondo intero

Poi, crescendo, arrivano le prime difficoltà, le prime nuvole che passano sui nostri cieli azzurri e stellati non appena esploriamo un mondo allargato dove le differenze diventano diffidenze o atteggiamenti di chiusura verso i nostri problemi …

noi buttati via
nel buio della nostra età
colpiti noi
dalle parole come colpi di fucile
e dagli sguardi senza mai capire
quale fosse quel confine per trovare l'anima

L’arte oratoria dei grandi filosofi della cultura classica è un privilegio che appartiene a un passato glorioso che non si è più ripetuto …

Ho smesso di credere
ai muti che parlano
e a quelli che inventano
e invece non cambiano

Il protagonismo, gli slogan, il falso buonismo, si sono proiettati nell'immaginario collettivo annientando le idee, la riflessione, il discernimento. Solite facce dello stesso colore che si vedono apparire sul carrozzone della ribalta dal quale non s'intende più scendere …
 perché
da sempre
tra la gente
vendono illusioni ed imitazioni

Frastornati da tutto quello che ci viene imposto, dalle immagini alle parole che si susseguono con un ritmo incessante al solo scopo di creare l’effetto “stordimento” …

noi..
colpiti noi
dalle parole e dalle storie senza fine
e dalle attese giù al portone
senza mai capire
come fare per trovare l'anima

… Per poi  ritrovarci nel nostro isolamento interiore

Ho smesso di credere
ai sogni e alle favole
l'inverno passava e tu
restavi in un angolo

(Tratto daLe parole del mio tempo”)