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Ero così
soddisfatto della mia prima volta che avevo deciso di riprovarci non appena se
ne fosse presentata l’occasione. Avevo provato il classico brivido sulla
schiena, uno scombussolamento totale dalla testa ai piedi che mi aveva reso per
pochi interminabili minuti schiavo di un’emozione forte ed incontrollabile.
A pensarci bene
quella mia prima volta aveva avuto su di me un effetto quasi ipnotico, come se
fossi stato rapito da una goduria intensa e dirompente da sperare che non
finisse mai o, quanto meno, che durasse per il tempo necessario da tenerla in
serbo nei momenti meno emozionanti della mia vita.
Paragonavo
quell'esperienza al modo di alimentarsi degli scoiattoli, animali previdenti
che in estate fanno scorta di cibo per l’inverno. Insomma, ero così inebriato
dalla mia prima volta che pensavo potesse bastare nei periodi di carestia in
cui ci sarebbe stato poco o niente da procacciare.
Ora vi chiederete
che cosa mi sarà capitato per essere così su di giri. Per darvi un indizio,
immaginate di trovarvi in un castello incantato popolato da dame, servitori,
giullari e musicanti. Un corteo di gente dal quale voi, nelle vesti di un re o
di un principe, siete serviti e riveriti come un prete sull'altare.
Quale migliore
occasione per avere tutto a portata di mano con un semplice schiocco delle
dita? Una dama da accogliere nel proprio giaciglio per essere piacevolmente
coccolato; una squadra di servitori per soddisfare ogni desiderata
prelibatezza; dei giullari che si esibiscono con giochi strabilianti e, infine,
un’orchestra per allietare ore vuote e senza brio.
I piaceri della
vita che si materializzano a comando, brividi intensi che filtrano nel sangue e
si propagano nel tessuto epidermico, occhi che si chiudono in senso di beatitudine
mentre tutto si compie e si risolve in un’esplosione orgasmica.
Peppino, il mio
amico invidioso e ficcanaso, aveva cercato in tutti i modi di saperne di più:
“Allora Guerrino,
com'è stata la tua prima volta?”
“Sapessi! Una
goduria di quelle che non si scordano mai.”
Peppino si era
fatto prima rosso e poi paonazzo ed io mi divertivo a vederlo così divorato
dall'invidia.
“Ma va! E che cosa ti è
preso mai? Una sfrenata lussuria?”
“In un certo senso
è stato proprio così: una lussuria che mi ha pervaso tutto il corpo al punto
che avrei replicato volentieri.”
“E perché non lo
hai fatto?”
“Lo farò stasera e
sarà la seconda volta.”
Per l’occasione mi
ero vestito in ghingheri: abito scuro e una camicia di seta sbottonata al punto
giusto da far intravedere i miei pettorali ben sviluppati frutto di
duri esercizi in palestra.
“Posso venire
anch'io? Dai che ti faccio compagnia.”
“No che non puoi,
reggeresti il moccolo. E poi nel posto dove devo andare è tutto esaurito.”
“ E va bene”, fece
il mio amico con tono rassegnato, “però mi racconti tutto più tardi.”
Ho lasciato Peppino
con la promessa che gli avrei riferito ogni cosa nei minimi particolari. Ho
preso la moto e con la mia compagna Stefania mi sono involato alla volta di “Ciro ‘o scugnizzo”, il ristorante a picco sul mare dove ho scoperto una zuppa di
pesce da leccarsi i baffi. Siamo entrati nel locale ed io non vedevo l’ora di
gustarmi la mia seconda volta.
LA SECONDA VOLTA
Racconto breve
di
Vittoriano Borrelli
(Ogni riferimento alla realtà è puramente
casuale)
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