ABBASSO IL RE


È la corona che nessuno vorrebbe indossare, un ornamento da tenere a debita distanza e da debellare in fretta. Abbasso il Re con questo coronavirus che dalla Cina, dove si è sviluppato, ha raggiunto l’Europa e il nostro Bel Paese seminando molta preoccupazione e angoscia.

Come in tutti gli eventi di questa portata, c’è un nemico forse ancora più importante da combattere: il panico. Dopo aver scoperto due focolai nella zona della bassa Lombardia e nel Veneto, è scoppiato il caos con una proliferazione di fake news, di leoni della tastiera improvvisati esperti e virologi che hanno diffuso le informazioni più svariate e fuorvianti seminando in qualche caso il panico che è ciò di cui abbiamo meno bisogno.

Supermercati presi d’assalto con provviste di viveri che forse non accadeva dai tempi delle guerre mondiali, farmacie intasate da richieste di detergenti e di mascherine andate subito in esaurimento, i soliti sciacalli che propongono prodotti di questo tipo a prezzi triplicati. Azioni scomposte e disordinate che forse mietono ancor più dello stesso virus cinese.

In questi casi bisognerebbe usare molto buon senso e  capacità di saper leggere, interpretare e seguire i messaggi e le istruzioni dalle Autorità competenti, le sole deputate a gestire l’emergenza con scientificità e raziocinio.

Si è assistito invece ad ordinanze comunali fantasiose, prive di qualsiasi supporto metodologico e motivazionale, iniziative di pancia e scoordinate di vario genere, un fai da te che ha generato in qualche caso ironia (nella migliore delle ipotesi) e in gran parte dubbi e preoccupazioni ben maggiori e sproporzionati rispetto alla serietà del problema.

Un abbasso il Re rivolto anche a questi “collaboratori” dell’ultima ora, colti da un protagonismo gratuito che non produce alcuna utilità alla causa comune.

Per fortuna (o per merito) c’è un’altra Italia, quella maggioritaria che lavora con serietà, attenzione e competenza. A quella soltanto dobbiamo volgere lo sguardo ed omaggiarla.

Con le forze migliori si può farcela, con le debolezze e con il panico non si va invece da nessuna parte.  

DICONO DI ME


A poco più di un mese dall'uscita, “Il futuro imperfetto” è risultato già molto gradito ai lettori che lo hanno letto. Un "dicono di me" che mi ha fatto molto piacere e che rappresenta, almeno per me, il target più qualificato e qualificante  del lavoro di uno scrittore.

Essere riuscito a trasmettere emozioni, pathos, qualcosa di me nei pensieri di chi lo ha letto (e, mi auguro, di chi lo leggerà) è, senza dubbio, la mia più grande soddisfazione.

Ecco alcuni commenti che mi hanno inorgoglito e per i quali desidero rivolgere il mio ringraziamento con un grande abbraccio.


Un libro da leggere tutto d'un fiato! Una volta iniziato rimani incuriosito ed attirato dai colpi di scena presenti in tutta la storia. In alcuni aspetti mi sono ritrovata nel personaggio di Edo. Grazie a Vittoriano Borrelli per avermi regalato spunti di riflessione importanti e significativi. Non mi resta che rimanere in attesa di un nuovo romanzo.”   
                                                                                                                                                                         (Pamela Sansone)

Romanzo avvincente...lettura piacevolissima.”
(Fabio Bulgheroni)

La cifra stilistica ha catturato anche me che non ho avuto la possibilità d'interrompere la lettura, affascinato, nella prima parte del libro, dalla perfetta ricostruzione della poetica leopardiana: qui è stato contrapposto, e comprovato, l'aspetto fisico, esteriore, imperfetto, del poeta e l'immaginifica, esaltante poetica che tocca l'infinito perfetto e sonoro, come quando, a esempio, si serve dell'onomatopeico "d'in su la vetta del..." che ripete il suono della campana. Ottima introspezione del personaggio principale, racchiuso nella cornice di un quadro "dipinto", con le parole, da Oscar Wilde. Complimenti a Vittoriano Borrelli che ha scelto un ossimoro come titolo del suo bel libro.”
(Angelo Muraglia)

Ti intriga e ti prende la curiosità, con i continui colpi di scena, di andare avanti nella lettura per arrivare alla pagina finale.”
(Rosaria D’Arpa).

Bellissimo, cinico, calcolatore, Edo ha costruito tutta la sua vita sulla certezza che, grazie alla sua avvenenza, la sua strada sarà sempre spianata. Ma si trova a doversi confrontare con una parte di sé più fragile o, semplicemente, inespressa, non considerata.
Questo romanzo è, a mio parere, anche una riflessione sugli imprevisti; che vengano essi dall'esterno o dal nostro io più profondo, possono comunque essere un’occasione di introspezione e di crescita.”
(Marilena Fancello)

Il futuro imperfetto è un libro grazioso e stimolante che ho davvero apprezzato e che mi sento di consigliare a tutti senza alcuna distinzione.
Ricordate che non è mai troppo tardi per iniziare a vedere con occhi nuovi la vita intorno a voi!
Questo libro è la prova inconfutabile dell'esistenza di un futuro imperfetto.”
(Noemi Veneziani)

Per chi desidera acquistarlo, “Il futuro imperfetto” è in tutte le principali librerie on line e fisiche oltre che nello store della casa editrice cliccando qui

L’AMORE E' PER SEMPRE


Non sono un sostenitore delle feste comandate, né tanto meno della ricorrenza di San Valentino che si festeggia proprio oggi costellata da spot mielosi e di dubbia autenticità.

Penso che l’importanza di certi valori non vada confusa (e trasfusa) con gli slogan propagandistici, il cui fine è esclusivamente quello di abbagliare l’immaginario collettivo (già di per sé carente) con stereotipi scontati e minimalisti che tutt'al più servono solo a lambire le coscienze.

L’amore è la distanza più breve tra un uomo e una donna”. Avevo letto questa frase qualche tempo fa scartando uno di quei cioccolatini che si ricevono in occasioni simili. Mi ero perfettamente adeguato al contesto e non c’era bisogno di riflettere e di comprendere. Ero io il contesto, e il contesto era me.

Fantasticherie e voli pindarici tipici dell’età giovanile in cui qualsiasi trasporto emotivo sembra durare per sempre. Poi crescendo è il ricordo ad essere l’unica cosa che rimane anche quando l’emozione che lo ha germogliato non c’è più.

L’eternità è un’invenzione dei poeti, fatta apposta per sopravvivere al malessere esistenziale, il compromesso che si frappone tra la realtà e l’immaginazione: quanto più la prima si allontana dalle nostre aspirazioni, tanto più la seconda si avvicina alle nostre evasioni intellettuali. Un serbatoio che riempiamo di sogni e di speranze che ritornano a noi dopo essere stati respinti dalle mancate condivisioni.

Meglio tuffarsi nelle canzonette appena sfornate dal teatro Ariston di Sanremo, che qualcuno proverà a fischiettare in macchina prima di andare al lavoro e prima che il loro eco svanisca non appena si affronteranno i soliti problemi.

In fondo è bene non prendersi sul serio e non pensare troppo all'amore.

L’amore è un’altra cosa. E’ per sempre.


AMARECORD


Tanto vituperato da essere bandito quasi quanto il temibile corona-virus, il festival di Amadeus è stato invece un successo senza precedenti, con un pubblico di telespettatori sempre in crescendo dalla prima all'ultima serata. La settantesima edizione, quella del venti-venti, ha battuto tutti i record d'ascolto che non si registravano da oltre un decennio.

A buon diritto il bravo Amadeus si è guadagnato il nomignolo di Amarecord per il successo conseguito, tanto da essere seriamente candidato a fare il bis per la prossima edizione. Ma qual è il segreto di cotanto consenso? Forse la variabilità dello show, mai uguale a se stesso, capace di offrire uno spettacolo dalle multiformi sfaccettature e di attirare un pubblico variegato, dai più giovani ai più attempati. A partire dalla conduzione che ha visto al fianco di Amadeus la partecipazione di Fiorello, che è una garanzia, e di Tiziano Ferro sempre molto apprezzato dai suoi fans.

Bene anche le collaboratrici di turno, fra tutte, Rula Jebreal, giornalista di origine israeliana, con il suo toccante monologo contro la violenza sulle donne. Altrettanto azzeccata la scelta degli ospiti, quasi tutti italiani, da Albano e Romina Power presentati dalla figlia Romina junior, al ritorno dei Ricchi e Poveri nella loro formazione originaria con Marina Occhiena, la bionda silurata quasi quarant'anni fa per una tresca con il compagno della brunetta Angela. Più discutibile la presenza di Benigni i cui messaggi “proletari” sono apparsi in contrasto con il suo lauto cachet.

Fra tutti, merita una citazione a parte la commovente esibizione di “Io sto con Paolo”, eseguita con la presenza sul palco di Paolo Palombo colpito a soli 18 anni dalla SLA. Il brano, cantato dal rapper Kumalibre con l’assistenza del fratello di Paolo, Rosario, che ha gestito il monitor per la comprensione del testo da parte dello sfortunato ragazzo, ha emozionato la platea e il pubblico televisivo. Un momento di forte pathos e di spettacolo intelligente.

Sul fronte della musica hanno fatto discutere le esibizioni alla Renato Zero prima maniera di Achille Lauro, cantautore controverso ma con un folto pubblico giovanile al seguito, e la squalifica di Morgan in coppia con Bugo per aver contravvenuto alle regole del festival: nella fattispecie il cambio provocatorio del testo da parte dell’ex di Asia Argento che ha suscitato le ira di Bugo che ha abbandonato la scena.

Vince Diodato ma nel complesso le canzoni presentate sono state di buon livello sia pure con qualche bocciatura.

 Ecco le mie pagelle (in ordine di classifica finale):

  1. DIODATO: Fai rumore. Vince il meno favorito alla vigilia. La canzone è orecchiabile ed è ben interpretata dal cantautore tarantino. Voto 7 
  2. FRANCESCO GABBANI: Viceversa. Non ai livelli di Occidentali’s Karma, brano con cui conquistò la vittoria tre anni orsono, questo Viceversa è comunque di buona fattura con un testo che inneggia alla reciprocità delle relazioni affinché durino nel tempo. Voto 7,5 
  3. PINGUINI TATTICI NUCLEARI: Ringo Starr. Forse la vera sorpresa del festival con un’esibizione sulla scia dello Stato Sociale, gruppo pop che partecipò alla kermesse nel 2018 con “Una vita in vacanza”. Piacevole. Voto 7 
  4. LE VIBRAZIONI: Dov’è. Brano dalle ampie sfumature autobiografiche che racconta il mal d’amore di Sarcina con l’ex compagna, è stato a lungo in lizza per la vittoria finale. Gradevole. Voto 7 
  5. PIERO PELU’: Gigante. Pelù debutta a Sanremo con un’esibizione rock alla sua maniera. Brano orecchiabile e di sicuro successo. Voto 8 
  6. TOSCA: Ho amato tutto. Le qualità canore di Tosca non si discutono ma la melodia poteva essere migliore. Voto 6 
  7. ELODIE: Andromeda. Ritmo incalzante e buona esibizione. Piace già a molti giovani. Voto 7 
  8. ACHILLE LAURO: Me ne frego. A parte l’impatto scenico, discutibile quanto si vuole ma efficace nel messaggio anticonformista che ha voluto trasmettere, il brano è già uno dei più ascoltati alle radio. Voto 7+ 
  9. IRENE GRANDI: Finalmente io. La mano di Vasco Rossi, autore del brano, si vede e si sente. Non ripete però la più collaudata “La tua ragazza sempre”, scritta per lei qualche anno fa dallo stesso Vasco. Voto 6 
  10. RANCORE: Eden. Carina ma…senza rancore. Voto 6- 
  11. RAPHAEL GUALAZZI: Carioca. Ballabile e orecchiabile, in linea con il Carnevale brasiliano di questi tempi. Voto 6 
  12. LEVANTE: Tikibom bom. Il titolo sembra la marca di un chewing gum. Ma niente più. Voto 5- 
  13. ANASTASIO: Rosso di rabbia. Lo siamo anche noi, a dispetto del testo nettamente migliore dalla solita melodia rap. Voto 4 
  14. ALBERTO URSO: Il sole a est. Il brano è di gran lunga inferiore alle qualità canore di Urso. Voto 4 
  15. MARCO MASINI: Il confronto. Forse il testo più intenso e introspettivo. Non male. Voto 7 
  16. PAOLO JANNACCI: Voglio parlarti adesso. A parte la somiglianza impressionante con il compianto papà Enzo, la canzone e il testo sono ottimi. Posizione in classifica immeritata. Voto 8 
  17. RITA PAVONE: Niente (Resilienza 74). Gli anni passano ma la voce è sempre giovane e graffiante. Rita non sfigura e meritava maggior fortuna. Voto 7 
  18. MICHELE ZARRILLO: Nell'estasi o nel fango. Più estasi che fango. Buon ritmo e melodia. La classifica non lo premia ma il brano avrà maggior successo in quella che conta di più. Voto 7 
  19. ENRICO NIGIOTTI: Baciami adesso. Un passo indietro (forse due), rispetto alla canzone dedicata al nonno presentata un anno fa (Nonno Hollywood). Voto 5 
  20. GIORDANA ANGI: Come mia madre. Non ripete i successi conseguiti ad Amici. Canzone impegnata. Forse troppo. Voto 5,5 
  21. ELETTRA LAMBORGHINI: Musica (E il resto scompare). Brano da discoteca eseguito da una cantante improvvisata che si è tolta lo sfizio di esibirsi a Sanremo. E’ già scomparsa. Voto 5 
  22. JUNIOR CALLY: No grazie. Per lo meno è educato. Ma nulla più. Voto 4 
  23. RIKILo sappiamo entrambi. Parabola discendente per l’ex vincitore di Amici di qualche anno fa. Voto 4

IL MONDO DIMENTICATO


Ti regalerò una rosa
Una rosa rossa per dipingere ogni cosa
Una rosa per ogni tua lacrima da consolare
E una rosa per poterti amare

Chi non ricorda l’inciso di questo bellissimo testo di Simone Cristicchi che gli valse la vittoria a Sanremo nel 2007? Pura poesia dedicata al mondo dei dimenticati, di coloro afflitti da malattie mentali che annientano il ricordo, il pensiero ragionato in luogo di quello estemporaneo, confuso e compulsivo.

Cosa si nasconde dietro la psiche umana che ad un certo punto va in tilt come un flipper impazzito? È il mistero dei misteri. Le componenti degenerative di matrice organica s’intrecciano con quelle più impercettibili di una vita interiore sommersa, che prende il sopravvento e diventa la sola possibile nonostante la totale dissociazione dall'essere.

Perché il mondo dei matti ha una vita interiore propria, impenetrabile per gli altri ma piena di vitalità florida ed inespressa. Oscuri nel biancore di stanze aride e fredde, questi “matti da legare” annegano nella loro solitudine pur rimanendo aggrappati ad un sogno impalpabile ed evanescente.

La vita interiore, si sa, è contrassegnata dal simbolismo, le azioni sono intercettate nell'animo e non si manifestano all'esterno se non in maniera immanente e controllata. Per i dimenticati il rapporto è capovolto: è la realtà ad essere simbolica, per loro conta solo quello che accade dentro in una logica intima e personale che fuori appare, invece, disordinata e disorganica.

La poesia e la tenerezza che traspaiono dai loro sguardi persi e disorientati, è un’intuizione che pochi sanno cogliere perché le barriere che s’innalzano con l'altra parte delle persone che si definisce “normale” sono spesse ed insormontabili.

Un tempo manicomi, ora ospedali psichiatrici, è cambiato il protocollo sanitario in favore di una umanizzazione del trattamento terapeutico, ma le distanze restano e il mondo dei dimenticati è una solitudine che dilaga in un mare aperto senza orizzonti e prospettive d’insieme.

Ti regalerò una rosa
Una rosa bianca come fossi la mia sposa
Una rosa bianca che ti serva per dimenticare
Ogni piccolo dolore


La storia di Gertrude


Personaggio controverso de “I Promessi Sposi”, Gertrude, meglio conosciuta come la monaca di Monza, è senza dubbio una delle figure femminili più interessanti della letteratura italiana. La sua storia, raccontata con maestria e pregevole fattura dal grande Alessandro Manzoni, ha commosso e fatto discutere intere generazioni risultando ancora oggi tra le migliori espressioni della scrittura d’autore.

Disse quel sì e fu monaca per sempre, inciso scarno ma pieno di contenuti intuitivi, è uno dei passi del romanzo in cui la tecnica narrativa meglio si sposa con l’esigenza di descrivere un fatto, ovvero la decisione di accettare malvolentieri i voti del noviziato, e la volontà di infondere a questo stesso evento una bellezza elegiaca racchiusa in poche ma significative parole.

La storia di Gertrude è il romanzo nel romanzo dal quale potrebbe essere tranquillamente estratto senza incidere sulle vicende degli altri protagonisti. Tema principale è la rinuncia, dolorosa ed inevitabile, al desiderio di Gertrude di maritarsi ed avere dei figli come lo sarebbe stato per la maggior parte delle amiche del collegio nel quale era stata rinchiusa.

Il suo destino segnato, a partire dalle bambole vestite da monache che le venivano regalate da bambina, spinge Gertrude ad una prima ribellione accettando la corte di un paggio al servizio della famiglia. Ma una cameriera scopre l’intreccio e consegna al padre una lettera che doveva finire nelle mani dell’improvvido corteggiatore. Dopo alcuni giorni passati in isolamento, Gertrude, esausta e rassegnata, ottiene il perdono del padre ma è costretta, suo malgrado, ad accettare la vita monacale.

Figura fragile e facilmente plasmabile, Gertrude subisce un vero e proprio lavaggio al cervello sui vantaggi della vita monastica rispetto alle insidie e alle debolezze del mondo e alla fine supera, con rassegnazione, il colloquio con il vicario delle monache prima di prendere i voti.

L'esaminatore fu prima stanco d'interrogare, che la sventurata di mentire: e, sentendo quelle risposte sempre conformi, e non avendo alcun motivo di dubitare della loro schiettezza, mutò finalmente linguaggio; si rallegrò con lei, le chiese, in certo modo, scusa d'aver tardato tanto a far questo suo dovere; aggiunse ciò che credeva più atto a confermarla nel buon proposito; e si licenziò.”

Ma “la sventurata rispose”. Dopo aver preso i voti, Gertrude inizia una relazione clandestina con il perfido Egidio, suo vicino di convento, ma la tresca è scoperta da una novizia che sarà messa a tacere con la morte per mano dello stesso amante. Qui la ribellione di Gertrude si fa più icastica e definitiva, travolta da una perdizione senza ritorno che la porterà ad ingannare persino Lucia, cui aveva offerto protezione dal terribile Don Rodrigo, favorendone il rapimento per conto dell’Innominato.

La storia di Gertrude è una storia senza tempo perché in tanti si sono riconosciuti o si possono riconoscere nell’incapacità di lottare e di vivere una vita propria senza condizionamenti o compromessi. È la storia di quanto il male subito viene fatto proprio e perpetrato, a sua volta, ai danni degli altri e soprattutto di se stessi finendo in una spirale dalla quale diventa quasi impossibile liberarsi.
     
Idolatrava insieme e piangeva la sua bellezza, deplorava una gioventù destinata a struggersi in un lento martirio, e invidiava in certi momenti qualunque donna, in qualunque condizione, con qualunque coscienza…”   

“…si trovò al momento della professione, al momento cioè in cui conveniva, o dire un no più strano, più scandaloso che mai, o ripetere un sì tante volte detto; lo ripeté e fu monaca per sempre.”

(La storia di Gertrude - I Promessi Sposi. A. Manzoni).