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E’ stata solo una partita di
calcio, ma la vittoria della nazionale italiana sulla Germania che è valsa
l’accesso alla finale di Euro 2012, ha in sé il significato simbolico di una
rivalsa su quanto sta accadendo sul fronte della politica europea.
Ci piace pensare che la Merkel,
rigida e inflessibile sulle questioni economiche che sanno minando la crescita
e la coesione tra gli Stati dell’Unione, abbia adesso qualche certezza in meno (e
qualche apertura in più).
E ci piace pensare che i gol di
SuperMario abbiano abbattuto la corazzata tedesca a mò di riproposizione di
quanto avvenne 13 anni fa con il muro di Berlino, quasi a voler segnare un
monito nei ricordi sbiaditi della cancelliera di ferro che adesso sembra aver dimenticato
di come l’Europa di allora fosse stata con il popolo teutonico disponibile e
solidale.
Ma questa immaginazione sublime e
paradossale non deve far passare in secondo piano il significato di una
vittoria sportiva esaltante, che ha visto incollati davanti alla televisione oltre
23 milioni di telespettatori sfiorando il record assoluto registrato nella
finale mundial di Berlino 2006.
E adesso la Spagna. La fine come
l’inizio, sperando che al fischio finale si elevi al cielo un solo urlo: quello
azzurro.
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