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IL DOLORE

NATALE IN CASA CUPIELLO

Nessuna opera teatrale come “Natale in casa Cupiello”, è in grado di rappresentare così bene le atmosfere tipiche della festa più bella dell’anno. Il capolavoro di Eduardo De Filippo, scritto nel 1931, è un cult che appartiene alle cose che non si dimenticano, una delle migliori produzioni mai partorite dal pur ricco repertorio della nostra letteratura.

Diverse sono state le rappresentazioni di questa commedia pregevolissima, ma la più riuscita è senza dubbio quella trasmessa dalla RAI nel 1977 con un cast di assoluto livello.

Tra gli altri,  Pupella Maggio nei panni di Concetta, moglie di Luca Cupiello, che apre il primo atto con la mitica battuta: “Lucariè scetate songh e nnove”.

Luca De Filippo nel ruolo del figlio Tommasino, detto “Nennillo”, tanto coccolato dalla madre da non alzarsi dal letto senza “'A zuppa 'e latte! Se non me la portate dentro il letto non mi soso”.

Gino Maringola, che interpreta Pasquale, fratello brontolone di Luca, che impreca contro i Cupiello per essere stato derubato dal nipote Tommasino delle scarpe e del cappotto: “I parenti? Iddio ne scampi e liberi! Che belli pariente … tengo 'e pariente, tengo!”.

E poi ancora Lina Sastri, nei panni della primogenita Ninuccia, che tradisce il marito Nicolino (interpretato da Luigi Uzzo) ma, -incalzata dalla madre che la implora a ritornare sui suoi passi-, sfoga la sua rabbia distruggendo il presepe in costruzione di Luca: “Si, scasso tutte cose! Site cuntenta, mo?”

Tra le scene più divertenti, la lettera di Natale che Tommasino scrive alla madre:

“Cara madre, ho deciso: mi voglio cambiare. Preparami un bel regalo. Questo te lo dissi l'anno scorso e questo te lo dico anche adesso”,

che si conclude, dopo l’insistenza di zio Pasquale di essere menzionato nella missiva, con:

Cara madre, che il Cielo ti deve far vivere cento anni assieme a mio padre, a mia sorella, a Nicolino, a me e cento anni pure a zì Pascalino, però con qualche malattia.”

Del genere tragicomico, “Natale in casa Cupiello” reca la genialità dell’autore di portare sulla scena una Napoli del primo novecento devastata dalle miserie postume della prima guerra mondiale. Una Napoli che si stringe nella sacralità e nella tradizione del Natale per tenere uniti gli affetti familiari.

E quel “Te piace ‘o presepe?”, è una domanda che implica l’accettazione di questa coesione filiale proprio come vuole la rappresentazione religiosa allestita da Luca Cupiello.

Una domanda che otterrà il sospirato “” dal figlio Tommasino soltanto al capezzale del padre morente. Ma il sipario che cala è ricco di emozioni e di intensa commozione.

(Per chi volesse leggere la commedia per intero ecco il link: 

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