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Avevo
deciso di accoglierla in casa prima ancora che me lo domandasse. Così piccola e
indifesa, era riuscita ad aprirmi il cuore come si fa con il
lucchetto di un diario segreto in cui i pensieri, ben saldi e
impressi sulle pagine, prendono a sprigionarsi nell'aria
liberandosi di ogni remora.
Da
quel giorno la mia vita ebbe finalmente uno scopo. Mi
presi cura di lei come mai nessuno aveva fatto con me. Bella e
delicata, la sentivo vicino anche quando dovevo allontanarmi da casa per andare
al lavoro, sbrigare le solite faccende quotidiane, affrontare le
ire del mio odioso capoufficio, percorrere chilometri e chilometri di asfalto mettendo
a dura prova la mia impazienza per l’ennesimo semaforo rosso o
per l’imbecille di turno che mi tagliava la strada.
Ma
tutto questo era niente perché sapevo che c’era qualcuno che
mi aspettava e che avrebbe raccolto i miei sfoghi con umana
comprensione e affetto filiale. Lei mi sorrideva e mi accarezzava tutte le
volte che aprivo la porta di casa e mi accasciavo esausto sul
divano.
Mi
allentavo la cravatta e iniziavo a parlare come un fiume in
piena che trasborda gli argini senza incontrare più alcuna resistenza. Lei mi
ascoltava in silenzio e mi alitava con il suo respiro fino ad
inondarmi di calore e di pura energia.
Finiva
sempre allo stesso modo: mi faceva l’amore con quella dolcezza
che soltanto lei sapeva trovare e infondermi su tutto il mio corpo come la più
consumata delle amanti. Poi mi sfiorava le palpebre ed io mi
addormentavo sereno senza sentire più alcun dolore.
Ero felice come
non lo ero mai stato prima di incontrarla.
La
mattina mi svegliavo di buon grado e qualche volta mi permettevo persino di
sorridere. Sotto la doccia mi capitava di intonare la mia canzone
preferita e lei faceva altrettanto dalla cucina improvvisando un
concerto a due voci che aleggiava nell’aria come un giorno di festa.
Poi
avvenne quello che avrei dovuto temere e che invece avevo
trascurato per la mia ubriacante allegria.
Premetto
che sono sempre stato attento ad aprire e chiudere le finestre per il
tempo strettamente necessario al ricambio d’aria della casa. Soprattutto mi
premunivo di farlo ad una certa ora lontano da occhi indiscreti e al
riparo da cattive sorprese.
Quella
sera avevo avuto la brillante idea di cucinare una bistecca ai
ferri. Io, vegetariano da qualche mese, sono stato sopraffatto dai sapori
della carne, una debolezza che mi è costata cara.
Lei
mi girava intorno lasciandomi fare in quelle semplici operazioni culinarie
senza proferire parola. Un silenzio che avrebbe dovuto
insospettirmi se solo fossi stato più attento e prudente.
D’improvviso
la bistecca ha preso fuoco e una nuvola di fumo si è propagata
davanti a me annebbiandomi la vista. Ho aperto d’istinto la finestra e
in un secondo si è consumato il dramma.
E’
stato in quel momento che l’ho vista passare sotto i miei occhi come un aereo che
sfreccia nel cielo perdendosi nell'oscurità della notte.
La
mia dolce capinera era volata via e non sarebbe più ritornata.
NON APRIRE QUELLA
FINESTRA!
Racconto breve
di
Vittoriano
Borrelli
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