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“Abbi
cura di te. Se la vita ti è stata ostile, non permettere che ti faccia più del male.”
Gioacchino era in bagno a farsi la barba quando, d’improvviso,
sentì una voce pronunciare queste parole. Chiuse il rubinetto per interrompere
lo scroscio dell’acqua e tese le orecchie per capire da dove provenisse.
Niente!
C’era un silenzio tombale. Sua moglie Morena era al lavoro e
fuori la città sembrava deserta, nemmeno uno straccio di persona si aggirava
nel parco di casa e la strada che fiancheggiava quei palazzoni del condominio
era solo un manto grigio inesplorato.
Allora
si convinse che quelle parole le avesse pronunciate lui inconsciamente, come
gli capitava da un paio di mesi dopo aver perso il lavoro di dirigente
in un’azienda ed essersi trovato con tanto tempo a disposizione per
pensare.
“Abbi
cura di te. Non lasciare che siano gli altri a decidere per te.”
Di
nuovo quella voce. Gutturale, lamentosa, come un medium che
dall'aldilà lanciava proclami inquietanti sulla vita del povero Gioacchino.
Si
ricordò del decisionismo di Morena, una donna di ferro che aveva sposato
per volere di sua madre, fortemente preoccupata del suo essere fragile e
indifeso.
“Ora
che sei senza lavoro ascolta bene quello che devi fare.”
“Sì.”
“Non mandare curriculum a destra e a manca. Nessuno
ti prenderebbe mai. Sei troppo precisino, metodico, conservatore. La gente ha
bisogno di brio, estro e improvvisazione. Quello che mi hai fatto leggere mette
ansia e agitazione. Troppo formale e scontato, da cestinare solo
leggendo le prime righe.”
“Sì.”
“Vai
da Ignazio. E’ un mio caro amico. Ha un’impresa farmaceutica e sta
cercando un rappresentante per promuovere un nuovo antidepressivo. Ma non
presentarti con quella faccia che faresti venire l’ulcera solo a vederti.”
“Sì.”
“Fatti
la barba, metti la crema per il viso per far sparire quelle zampe di gallina
che ti sono spuntate.”
“Sì.”
“E
poi il dentifricio. Ti ho comprato quello che fa smacchiare i denti
rendendoli luminosi e brillanti. Sorridi. Inizia con questo esercizio: allarga
e fai rilasciare le mascelle per venti volte di seguito. Ricorda: venti volte
al mattino e venti volte alla sera prima di coricarti.”
“Sì.”
“Ignazio
ti aspetta giovedì nel suo ufficio di via Colonna. Abbiamo ancora quattro
giorni di tempo. Certo, a guardarti ci vorrebbe un miracolo. Ma ce la
faremo. Ce la farai.”
“Sì.”
“Ora
ascolta quello che devi dire. Ti presenti con un bel sorriso, ti dai un
tono spuntando un bottone della giacca per tenere bene in vista il
fermacravatte d’oro che ti ho regalato. Poi lo saluti con queste parole: ‘Buon
giorno dott. Morosini, sono il marito di Morena e sono qui per quel posto. Non
ho problemi a viaggiare, mi piace guidare, sono dinamico e intraprendente. Ho
già fatto il rappresentante e so come convincere la gente.’ Soprattutto
sorridi. E tanto.”
“Sì.”
“Devo
andare adesso, sono maledettamente in ritardo. Hai caricato la lavatrice?”
“Sì.”
“ E
il pane? L’hai tirato fuori dal freezer?”
“Sì.”
“Stasera
mangiamo leggeri. Prepara un brodo vegetale con 100 grammi di pasta, una
fetta di formaggio con un ciuffo d’insalata e un po’ di frutta.”
“Sì.”
“Ora
devo proprio scappare. No, non baciarmi che mi rovini il trucco. E
ricorda: fatti la barba e mettiti la crema.”
“Sì.”
Gioacchino
uscì dal bagno tutto lindo e profumato. Andò in camera da letto, prese
dall'armadio i suoi vestiti e li depose nella valigia. Chiamò il taxi che lo
avrebbe portato all'aeroporto, si assicurò di avere il biglietto in
tasca e uscì di casa.
Sul
tavolo della cucina c’era un foglietto con queste parole: “Avrò cura
di me.”
ABBI CURA DI TE
Racconto breve scritto
da
Vittoriano Borrelli
(I riferimenti alla
realtà sono puramente casuali)
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