IL NOME DELLA ROSA

E’ stato uno dei primi romanzi che ho letto nella mia tarda adolescenza. Di matrice storica con ampie venature di giallo, l’opera si colloca fra le prime cento più vendute in tutto il mondo (oltre cinquanta milioni), ed è tutt'oggi considerata uno dei fiori all'occhiello della letteratura italiana.

In genere i romanzi storici piacciono a chi ne è appassionato, ovvero raccolgono l’interesse di una determinata fascia di lettori. Non è stato così per “Il nome della rosa” che ha avuto l’astuzia di coniugare la prosa impegnata della tematica storica con la narrazione tipica del racconto “noir” , riuscendo così ad allargare la platea dei lettori, molto più variegata e popolare, fino a divenire un’opera facilmente ricettiva e alla portata di tutti.

Il tema del romanzo è incentrato sulla forza (distruttiva) del sapere che all'epoca in cui si svolge la storia (siamo nel 1327) era un privilegio appannaggio di pochi, uno strumento attraverso il quale si tendeva a dominare e a condizionare l’imperante ignoranza che regnava su gran parte dei consociati di quel periodo. Infatti, i misteriosi delitti che si succedono in una sperduta abbazia dell’Italia settentrionale porteranno alla soluzione del giallo grazie proprio ad un manoscritto detenuto nella biblioteca del convento, la cui conoscenza doveva essere inibita a chi improvvidamente ne veniva in possesso.

Siamo di fronte a dei tabù culturali che all'epoca del romanzo costituivano una regola difficile da scardinare, perché preordinata alla difesa e conservazione di una corrente di pensiero (nel caso di specie la cristianità sobria e rigida) in nome della quale le diverse inclinazioni culturali (come il manoscritto “galeotto” della Poetica di Aristotele sulla commedia e il sorriso) rappresentavano una seria minaccia all'ordine precostituito.

Il nome della rosa è divenuto anche un film di successo uscito nel 1986 e interpretato dal grande attore scozzese Sean Connery, nei panni del frate protagonista Guglielmo de Baskerville. Il film ottenne diversi premi e riconoscimenti, tra cui quattro David di Donatello (1987), tre nastri d’argento e due British Academy Film Awards.

Il titolo, menzionato in chiusura del libro con le parole "Stat rosa pristina nomine, nomina nuda tenemus" vuole indicare la relatività delle cose e degli eventi, che accadono senza lasciare altro che un nome, un ricordo: “la rosa, che era, ora esiste solo nel nome, noi possediamo soltanto nudi nomi”.

LA TRAMA: Guglielmo da Baskerville, è un frate francescano inglese che viene inviato in un monastero benedettino dell’Italia settentrionale con l’incarico di partecipare ad un congresso tra i francescani, sostenitori delle tesi pauperistiche sulla povertà e carestia, e i delegati della curia papale. Lo accompagna il frate novello Adso da Melk, con il quale condurrà le indagini su una serie di misteriosi delitti che accadono nell'abbazia. Sarà la biblioteca, luogo antro e oscuro, che consegnerà ai due protagonisti la soluzione del giallo …

L’AUTORE: Nato ad Alessandria nel 1932, Umberto Eco è un famoso semiologo, filosofo e scrittore. Tra le sue opere di maggior successo, oltre al romanzo in commento, spiccano Il pendolo di Foucault (1988), e Il cimitero di Praga (2010). Fra i saggi “Leggere i Promessi sposi” (1989), “I limiti dell’interpretazione” (1990) e il recente “Storia delle terre e dei luoghi leggendari” (2013). Autore raffinato e dotato di un’intelligenza fuori dal comune, Eco si è aggiudicato numerosi premi letterari collezionando ben 39 lauree honoris causa.

UN PASSO DEL ROMANZO: Il sapere non è come la moneta, che rimane fissamente integra anche attraverso i più infami baratti: esso è piuttosto come un abito bellissimo, che si consuma attraverso l'uso e l'ostentazione. Non è così infatti il libro stesso, le cui pagine si sbriciolano, gli inchiostri e gli ori si fanno opachi, se troppe mani lo toccano?


GIUDIZIO: Le tematiche del romanzo sul pensiero politico-religioso del cristianesimo, della sottocultura e del pregiudizio di comodo dei centri di potere del tardo medioevo, sono raccontate magistralmente in chiave romanzesca e giallistica, appassionando il lettore nella ricerca dei significati più puri ed emozionali della narrazione. I personaggi sono descritti in assoluta aderenza al periodo storico in cui sono vissuti, muovendosi in un contesto temporale ben rappresentato grazie alla genialità e all'acume stilistico di Eco. Da leggere e rileggere in ogni tempo.

DISCO ESTATE 2014: LE MIE PAGELLE

Quest’estate lascia i battenti per far posto a un autunno che si spera, almeno sul piano meteorologico, nettamente migliore.

Tra bombe d’acqua, carrettini di gelato (veri o presunti), e falò da spiaggia per riscaldarsi dalle intemperie, anche la musica effimera di questa pazza e anomala stagione ha forse risentito delle perturbazioni atmosferiche, annuvolandosi nei lidi e nelle balere senza lasciare grandi tracce.

Come di consueto, ho stilato le mie pagelle che anche quest’anno, come nelle ultime estati, non sono esaltanti. La qualità della musica è sempre figlia del suo tempo. E i tempi di oggi non sono particolarmente propizi sotto il profilo dell’ispirazione, della genialità e originalità delle canzonette.

Ad ogni modo il giudizio sotto riportato, - che si riferisce ad alcune tra le canzoni più gettonate,- è frutto, ovviamente, della mia personale valutazione che può non essere condivisa, com'è giusto che sia.

Cliccando sul titolo della canzone i lettori possono accedere direttamente all'esecuzione del brano su YouTube. Buona lettura e buon ascolto.

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CRIS CAB (Liar Liar): Ha vinto l’ultima edizione del Coca Cola Summer festival, con un brano che in italiano significa “Bugiardo Bugiardo”, vecchia disco music arrangiata ai tempi moderni. Ritmo incalzante e ballata orecchiabilissima,  a prova di vertigini per aver fatto roteare la testa di tanti giovani. Voto 8.

ANNALISA SCARRONE (Sento solo il presente): La musica è fatta di corsi e di ricorsi storici. Questa canzone sembra uscita dal Cantagiro, la fortunata kermesse degli anni ’70. La voce di Annalisa è comunque godibilissima. Voto 7,5.

SANTA MARGARET (Riderò): Ci sarebbe invece da piangere. Che cali presto l’oblio su questo gruppo. Voto 4.

COLDPLAY (A sky full of stars): Non ripetono i fasti di “Viva la vida”, brano che ha venduto oltre 50 milioni di copie in tutto il mondo. Ma nella penuria dell’attuale panorama musicale è facile emergere con una canzone appena appena sufficiente. Voto 6

LAURA PAUSINI (Limpido): La “farfallina” di Belen ha contagiato anche lei. Durante un concerto in Perù l’accappatoio bizzarro l’ha mostrata come mamma l’ha fatta. Astuzia o ingenuità? Per intanto questa canzone non è così “limpida” come la sua performance sudamericana, Voto 5.

DEAR JACK (Domani è un altro film): Vincitori morali dell'edizione 2013-2014, di "Amici", il gruppo si consola guadagnando il disco di platino (oltre 50 mila copie vendute) dopo l’uscita del loro album che porta lo stesso titolo della canzone.  E’ senza dubbio il gruppo più gettonato e in voga del momento. Appunto, per il momento. Voto 6.

FRANCESCO RENGA (Il mio giorno più bello del mondo): Non ha vinto l’ultimo Sanremo, spiazzato da una “gelida” Arisa, ma si rifà con una canzone molto gettonata nei lidi di quest'estate, tra una bibita, un caffè o una partita a carte . Ma al ritorno in città non ha lasciato tracce. Voto 5,5.

ANNA TATANGELO (Muchacha): La compagna del Gigi nazionale (D’Alessio, n.d.r.), è l’esempio vivente di come il ciclo della vita possa andare all'incontrario. A 15 anni ne dimostrava 30, ora sulla soglia della maturità è ritornata ragazzina con un look effervescente che punta tutto sulla sensualità. Una bella “muchacha” e … niente più! Voto 5.

GIGI D'ALESSIO (Ora): Il compagno dell'Anna ciociara (Tatangelo, n.d.r.) propone un brano che è la biografia della sua vita: dalla mamma che lo ha incoraggiato ad andare avanti ai fans dei concerti che gli procurano tuttora "un brivido nella schiena".Banale. Voto 5,5.

MARCO CARTA  (Splendida ostinazione): Dopo le vittorie nel 2008 ad “Amici” e nel 2009 a Sanremo (con “La forza mia”), l’artista sardo ritorna con una canzonetta senza infamia e senza lode. Forse avrebbe fatto meglio a concedersi una pausa maggiore. Voto 5.

TIROMANCINO (Immagini che lasciano il segno): Lui il segno non lo lascia di sicuro. Tentativo maldestro di risorgere ma le intense “Amore impossibile” e “Un tempo piccolo” (scritta dal grande Califano), sono un lontano ricordo. Voto 5,5.

EMIS KILLA (Maracanà): Sigla dell’ultima edizione dei mondiali di calcio, questa canzone ha fatto felici tanti giovani rappettari. Meglio non destarli dal sogno. Voto 6. Di incoraggiamento.

TI AVRO’ A SETTEMBRE

Registrata alla SIAE nel 1984, Ti avrò a settembre racchiude in sé i profumi tipici dell’autunno senile, ovvero di quella particolare stagione della vita in cui tutto sembra già risolto e nessun sogno può essere più realizzato.

Ma per fortuna la vita regala sempre nuove occasioni, nuovi modi di viverla con rinnovato entusiasmo ed emozione. Basta uno sguardo, un sorriso, una mano tesa verso di noi che tutto riprende a rinvigorirsi, anche se le rughe sembrano imbavagliare la voglia di rigenerarsi, di essere una persona nuova che ha ancora tanto da dire.

Ecco allora che le stagioni non sono che un ciclo della vita che si ripete. Perché per tutti c’è sempre un settembre per ricominciare …

(Strofa 1)

Ritrovarti e poi scoprire
che ho inseguito solo la mia ombra
e mi chiedo se i miei anni
sono tanti sotto la tua gonna
Io ti ho vista all'improvviso
e son caduto dentro il tuo sorriso
Ho viaggiato con la mente
ed ho trovato te nel mio presente

(Strofa 2)

Quanta strada ho già percorso
ma con te vorrei fermarmi adesso
Spolverare vecchie idee
e ritrovare tutto ciò che ho perso
Cominciare dal tuo viso
per finire contro il mio destino
Stare su di te per aggrapparmi
al sogno che non ho capito

(Ritornello)

Ma ti avrò a settembre
o nel tempo che verrà
e sarà come sempre
inventarsi una realtà
Io ti avrò a settembre
se un settembre ci sarà
per noi due come sempre
nel domani che verrà
se verrà … se verrà …

(Strofa 3)

Io ti ho già sentita qualche volta
che parlavi della vita
come di una faccia troppo assente
ma pur sempre nostra amica
Se mi chiedi la ragione
per cui ho scelto la tua direzione
non ti so rispondere perché
non so se è grande questo amore

(Ritornello)

Ma ti avrò a settembre
o nel tempo che verrà
e sarà come sempre
inventarsi una realtà
Io ti avrò a settembre
se un settembre ci sarà
per noi due come sempre
nel domani che verrà
se verrà … se verrà …


 (Tratto da Le parole del mio tempo”)
(Se ti piace questo testo, scopri anche "L'aquila non ritorna")



BLOGGER PER CASO

Sono passati oltre due anni da quando, nel 2012, ho aperto questo blog catapultandomi in quello che io considero un piacevole diversivo per parlare e diffondere i temi della cultura, musica e informazione sociale.

Catapultandomi” è proprio il termine giusto. Per me, neofita e totalmente inesperto, è stato un vero e proprio salto nel buio.

Dopo la pubblicazione de “La prossima vita”, il mio editore mi consigliò caldamente di aprire un blog usando queste parole “Lo starti subito”.

Molti termini anglosassoni sono ormai “italianizzati”, ma di primo acchito quelle parole “Lo starti subito” mi procurarono una certa agitazione. “Cosa vorrà mai dire?”, mi domandai mentre navigavo su internet alla ricerca di qualche informazione più precisa.  Per un momento ebbi persino la spiacevole sensazione di aver perso del tempo prezioso, come se le raccomandazioni del mio editore fossero in realtà un monito per aver tralasciato qualcosa di importante.

Già un blog! E chi non ce l’ha? Persino la mia vicina appassionata di cucina ne avrà probabilmente uno.”

Non mi sono perso d’animo. Dopo tante ricerche su come impostare il mio diario personale alla fine ho optato per Google, il motore di ricerca più famoso e utilizzato nel mondo. Pur senza alcuna cognizione e aiuto da chicchessia, mi sono affidato in parte all'intuizione e in parte alla facilità del meccanismo messo a disposizione da questo colosso multimediale. Vero è che esiste anche la piattaforma Wordpress, molto intuitiva e per alcuni versi migliore sotto il profilo di una più puntuale indicizzazione e varietà della veste grafica, ma il blogspot di Google è comunque un ottimo punto di partenza soprattutto per quei servizi che non hanno connotati tipicamente commerciali.

Internet ha tanti difetti ma anche il pregio (non da poco) di rendere disponibili una quantità di informazioni un tempo impensabili. In questo senso ha accorciato di molto le distanze del sapere fornendo un valido supporto e aiuto nell'infinito campo dello scibile.

Certo, il prodotto che ne è scaturito è artigianale e casareccio. Non mi sono arricchito e non sono diventato famoso. Ma la soddisfazione che provo nel coltivare questa passione e nel leggere tanti commenti lusinghieri, è qualcosa di impareggiabile che non ha prezzo.

Forse un giorno raccoglierò il suggerimento di qualche amico di scrivere un libro dedicato proprio a questa meravigliosa esperienza. Semmai lo farò il titolo sarà: Blogger per caso.

VU CUMPRA’?

Sulle spiagge di quest’estate, ancorché anomala, imperversano i famigerati “Vu cumprà?”, instancabili venditori di foulards, occhiali da sole, abiti e oggetti vari fatti passare come autentici ma che in realtà sono un’imitazione venduta a prezzi stracciati.

Tralasciando le polemiche sollevate dal ministro Alfano che nei giorni scorsi ha intrapreso una campagna a difesa del “made in Italy”, palesemente contraddittoria rispetto all'operazione “mare nostrum sull'accoglienza degli immigrati, ho trovato una precisa correlazione tra questi ambulanti delle spiagge e i (pseudo) scrittori che s’intrufolano nella rete per promuovere la loro ultima “fatica”. Per entrambi il comune denominatore è la mistificazione, l’inganno, il tentativo di far passare come fedele all'originale il messaggio pubblicitario sotteso ai propri prodotti.

Ma se per i Vu cumprà?” vi è una sorta di giustificazione sociale dovuta alla loro necessità di sopravvivenza e alla consapevolezza del compratore della qualità non eccelsa degli articoli proposti, più difficile è smascherare questi scrittoridi nuova generazione che approfittando delle infinite possibilità dell’editoria digitale si presentano ai lettori con recensioni artefatte e a misura, fatte passare come oggettive e autentiche.

Il meccanismo è piuttosto semplice e perverso: si contattano amici accondiscendenti, meglio ancora scrittori in erba per scambiarsi recensioni apparentemente di qualità per scalare la vetta delle classifiche di vendita. Quante più recensioni col segno + si riescono a collezionare tanto maggiore sarà la visibilità del prodotto nei vari store digitali. In questo modo il lettore viene “spinto” a visualizzare i libri maggiormente recensiti disincentivandolo dalla ricerca a più ampio raggio.

E’ certamente una pratica di cattivo gusto. Io stesso sono stato contatto ma ho declinato l’invito senza pensarci nemmeno un secondo.

Il mio consiglio è di non fidarsi troppo di recensioni “pompose” e “sdolcinate”. Se proprio gli occhi non se la sentono di staccarsi dalle proposte “luccicanti”, almeno leggere l’anteprima (laddove consentita) per farsene un’idea prima dell’acquisto.

Altrimenti all'ennesimo passaggio dello scrittore-vu cumprà? meglio rispondere con un “No, grazie.”.

LE STRAGI SOMMERSE

La tragica scomparsa di Lorenzo, il bambino di Taranto di appena cinque anni colpito da un tumore al cervello, fa ritornare tristemente alla ribalta la questione dell’inquinamento ambientale prodotto dalle acciaierie dell’ILVA, colosso aziendale messo sotto accusa dalla magistratura per l’inadeguatezza delle misure a tutela della salute dei lavoratori.

Nel 2012 mi occupai di questa questione con un post nel quale rimarcavo le pesanti responsabilità dell’azienda e delle Istituzioni, entrambe colpevoli di aver fatto poco o nulla in termini di azioni preventive.

La morte del piccolo Lorenzo, assunto tristemente ad emblema degli effetti devastanti di questo disastro ambientale senza precedenti, mi spinge a rinnovare l’atto di accusa che avevo formulato con l’articolo menzionato, nella sottile speranza che non vi sia mai un tempo per dimenticare, per lasciare tutto com'è ed assistere passivamente a tante altre morti incolpevoli...

Ecco il post del 7 dicembre 2012:

Il sequestro degli impianti dell’acciaieria ILVA disposto dalla magistratura per le note inadempienze dell’azienda tarantina, ha scatenato un vespaio di polemiche e di contestazioni acuendo l’indignazione già suscitata per la violazione, sistematica e reiterata, delle norme sulla tutela dell’ambiente.

Il tema della salute dei lavoratori nei luoghi di lavoro e di quella, forse ancor più importante, dell’intera comunità della bellissima città di Taranto, ha prodotto una vera e propria insurrezione sociale senza precedenti, elevando da più parti un coro di (sacrosante) proteste ma favorendo, per converso, il passaggio mediatico del solito carrozzone nel quale si sono intrufolati gli ipocriti del potere, ovvero coloro che hanno a lungo “brillato” per la loro totale assenza o incapacità di decidere.

L’inquinamento industriale degli impianti dell’ILVA, ha generato nel periodo 2003-2009 un incremento vertiginoso del tasso di mortalità della popolazione tarantina rispetto alla media della regione Puglia: + 14% per gli uomini e  + 8% per le donne.

Sono questi i risultati del Rapporto Sentieri redatto per conto dell’Istituto Superiore della Sanità, nel quale vengono altresì specificate le tipologie delle malattie:
Per gli uomini +14% per tutti i tumori, + 14%  per le malattie circolatorie, +17% per quelle respiratorie, + 33% per i tumori polmonari, + 419% per i mesoteliomi pleurici.
Per le donne:+13% per tutti i tumori, +4% per le malattie circolatorie, +30% per i tumori polmonari, +211% per il mesotelioma pleurico.
Per i bambini, il tasso di mortalità è salito al 20% nel primo anno di vita e al 30-50% per le malattie di origine perinatale che si manifestano oltre il primo anno di vita. 

E’ un bollettino che suona a mò di strage subdolamente sommersa per anni di colpevole silenzio e di omesso controllo da parte delle Istituzioni preposte, che adesso paiono risvegliarsi dal torpore che le ha contraddistinte.

Come se non bastasse, il recente intervento del Governo con il decreto-legge 3 dicembre 2012 n. 207 (c.d.“sblocca sequestro”), finalizzato alla ripresa delle attività dell’azienda pur sotto la condicio sine qua non della puntuale osservanza delle prescrizioni a tutela dell’ambiente e dei lavoratori, ha scatenato il conflitto istituzionale tra i poteri dello Stato (legislativo e giudiziario), sicché la soluzione (all'italiana) proposta (produzione+salvaguardia ambiente e lavoratori) ha finito con lo scontentare un po’ tutti.

Resta il dato incontrovertibile di una morte annunciata, come di tante altre sciagure che si sarebbero potute evitare se solo ci fosse stata più coscienza nelle decisioni e nel controllo, mettendo al bando l’indifferenza e l’incapacità degli ignoranti.

Nell'attesa che il miracolo si compia, le ceneri dell’ILVA continueranno ancora a rabbuiare il cielo di Taranto allontanando il giorno in cui, al risveglio, le vittime di questa tragedia vedranno finalmente apparire ai loro occhi un mattino limpido e giusto.

FERRAGOSTO

Nel giorno più importante e atteso dell’estate mi viene in mente una simpatica poesia di Gianni Rodari, raffinato scrittore di letteratura per l’infanzia vissuto nel secolo scorso (1920-1980).

La poesia, che porta lo stesso nome di questa giornata, è dedicata ai bambini rimasti in città a causa delle ristrettezze economiche delle proprie famiglie. E quest’anno, a giudicare dai dati preoccupanti della crisi economica, di fanciulli a digiuno di vacanze ce ne sono davvero tanti.

Si dice che l’immaginazione è più fervida nei periodi di inedia e di recessione economica. Dove la realtà non allieta, la fantasia soccorre. Lo sapeva bene Rodari che quando pubblicò questa poesia nel 1960 all'interno della raccolta “Filastrocche in cielo e in terra”, raccontò sapientemente un aspetto della propria esperienza giovanile negli anni duri della guerra contrassegnati dalla fame e dalla miseria.

Mi piace pensare che l’auspicio di Rodari conclamato nei versi “Quando divento Presidente faccio un decreto a tutta la gente”, possa un giorno realizzarsi per mano di “uomini di buona volontà”. Perché se la felicità è un diritto di tutti, lo è ancor di più per i bambini del mondo. Vederli sorridere è la gioia più grande che si possa provare in tutti i giorni dell’anno. Ferragosto compreso.


Filastrocca vola e va
dal bambino rimasto in città.

Chi va al mare ha vita serena
e fa i castelli con la rena,
chi va ai monti fa le scalate
e prende la doccia alle cascate…

E chi quattrini non ne ha?
Solo, solo resta in città:
si sdrai al sole sul marciapiede,
se non c’è un vigile che lo vede,
e i suoi battelli sottomarini
fanno vela nei tombini.

Quando divento Presidente
faccio un decreto a tutta la gente;

“Ordinanza numero uno:
in città non resta nessuno;
ordinanza che viene poi,
tutti al mare, paghiamo noi,

inoltre le Alpi e gli Appennini
sono donati a tutti i bambini.

Chi non rispetta il decretato
va in prigione difilato”.

(G. RODARI)

BRIVIDI D’ESTATE

E’ un’estate poco italiana, poco mediterranea, direi quasi glaciale da mettere i … brividi! L’anticiclone delle Azzorre pare che sia approdato in altri lidi e non ne vuole proprio sapere di stazionare nella nostra bella penisola. Che abbia visto la peste bubbonica?

Chist'è 'o paese d' 'o sole, chist'è 'o paese d' 'o mare”, sono i versi di una celebre canzone. Di questi tempi, almeno per buona parte dello “Stivale”, direi che siamo diventati il paese dei nubifragi, e non solo “climatici”. In tempi di crisi economica, di delegittimazione della politica rispetto ai reali bisogni dei governati, tutto diventa indistinguibilmente tempestoso, perturbante, burrascoso.

Gli esperti dicono che un’estate così non si vedeva da oltre quarant'anni. Pare che la colpa sia del solito buco nell'ozono che ha sconvolto, da un ventennio a questa parte, l’andamento delle stagioni al punto da non riconoscerle più.

Per intanto facciamo i conti con la forza della natura che sta mietendo vittime e disastri. L’ultimo, quello del trevigiano,  è solo l’ennesimo che si aggiunge alla lunga lista delle … morti annunciate. Si dirà (come è già avvenuto), che la colpa è tutta dell’abnorme quantità d’acqua piovuta dal cielo dimenticandosi che nel “paese d’ ‘o sole”, si fa poco o nulla in termini di manutenzione e monitoraggio di torrenti, fiumi e in genere di tutti i siti orografici.

Dopo l’ennesimo fine settimana di acquazzoni, di fulmini e saette, mi vengono in mente pensieri più curiosi e strambi che rasentano persino la scaramanzia. Penso, ad esempio, al mio vicino di casa che da quando ha installato il condizionatore per godersi l’atteso refrigerio, non lo ha ancora potuto mettere all'opera. Che iella! Da quando l’ha fatto non c'è più stata una giornata estiva!

In queste giornate uggiose partire per i paesi esotici dove il sole non manca mai non se ne parla proprio. Costa troppo e per molti gli ottanta euro sono già finiti tra tasse e bollette da pagare. Ci aspetta un autunno “caldo”, ma mai come quest’anno l’avremmo preferito uguale a se stesso o quanto meno “tiepidino”.

E invece finiremo anche stavolta con lo scottarci senza alcuna crema solare in nostro soccorso.
Meglio allora goderci queste vacanze per quanto possibile, che a pensare al domani c’è sempre tempo.

Nonostante le bizze del sole e qualche altro nubifragio alle porte, si può essere felici lo stesso in compagnia di buoni amici, con un bicchiere di vino (rigorosamente brulè) e una bella canzone in sottofondo. Magari quella che fa “I’m singing in the rain” …



BUONE VACANZE A TUTTI I LETTORI DEL BLOG!

HO SMESSO DI CREDERE

Dall'album “Non c’è stato il tempo” del 1997, questa canzone, nonostante i diciassette anni compiuti, parla di un tema sempre attuale che è quello del disincanto, della disillusione e della presa di coscienza di quanto la realtà sia così diversa da come l’abbiamo immaginata …






Ho smesso di credere
agli occhi di un angelo
l'inverno passava e tu
restavi in un angolo


Da bambini siamo naturalmente inclini a credere a tutto ciò che ci viene detto. E’ una fiducia incondizionata che riponiamo nelle persone che ci sono accanto e alle quali affidiamo i nostri sogni e le nostre migliori aspettative

 così
con un sogno
che sembrava
grande come il cielo
più del mondo intero

Poi, crescendo, arrivano le prime difficoltà, le prime nuvole che passano sui nostri cieli azzurri e stellati non appena esploriamo un mondo allargato dove le differenze diventano diffidenze o atteggiamenti di chiusura verso i nostri problemi …

noi buttati via
nel buio della nostra età
colpiti noi
dalle parole come colpi di fucile
e dagli sguardi senza mai capire
quale fosse quel confine per trovare l'anima

L’arte oratoria dei grandi filosofi della cultura classica è un privilegio che appartiene a un passato glorioso che non si è più ripetuto …

Ho smesso di credere
ai muti che parlano
e a quelli che inventano
e invece non cambiano

Il protagonismo, gli slogan, il falso buonismo, si sono proiettati nell'immaginario collettivo annientando le idee, la riflessione, il discernimento. Solite facce dello stesso colore che si vedono apparire sul carrozzone della ribalta dal quale non s'intende più scendere …
 perché
da sempre
tra la gente
vendono illusioni ed imitazioni

Frastornati da tutto quello che ci viene imposto, dalle immagini alle parole che si susseguono con un ritmo incessante al solo scopo di creare l’effetto “stordimento” …

noi..
colpiti noi
dalle parole e dalle storie senza fine
e dalle attese giù al portone
senza mai capire
come fare per trovare l'anima

… Per poi  ritrovarci nel nostro isolamento interiore

Ho smesso di credere
ai sogni e alle favole
l'inverno passava e tu
restavi in un angolo

(Tratto daLe parole del mio tempo”)

MISSIONE COMPIUTA!

Quando ho iniziato a leggere “Esperance: una missione per due”, il nuovo libro di Flavio Standoli, sono stato favorevolmente colpito dalla qualità dello scritto e in particolare dalla sintassi e dall'impostazione del tessuto narrativo ben curate e senza sbavature.

Durante la lettura ho pensato, in alcuni frangenti, che se a scrivere una storia così avvincente e coinvolgente fosse stato un autore celebre non ci avrei trovato alcuna differenza. Questo per sottolineare che ci sono tanti autori esordienti che sanno scrivere bene e che meritano ben altri palcoscenici, ben altra visibilità e consensi. Per Standoli il mio augurio è che possa presto raggiungere una fetta di lettori sempre più ampia e consona alla sua bravura.

Romano, classe 1973, Flavio Standoli ha esordito come autore due anni orsono con “Il deserto e la neve”. Si ripropone con un romanzo nel quale la solidarietà, l’aiuto silenzioso ma operoso per il prossimo, rappresentano il filo conduttore di una matassa intricata e intrigante che si srotola man mano che i personaggi e le loro vicende prendono forma e sostanza.

Ambientato nell’Africa dei tempi moderni, ancora funestata dal sottosviluppo e dalla sottocultura, il romanzo narra le gesta dei nuovi eroi, che sono quelle persone comuni che in punta di piedi e senza troppi proclami decidono di portare a compimento una missione, -la ricostruzione di alcuni villaggi-, affrontando con coraggio varie insidie e difficoltà, fra le quali,  le “solite” intromissioni dei poteri forti.

C’è tutto l’impegno sociale di Standoli nel sottolineare con forza e determinazione l’importanza di mettere al servizio degli altri il proprio contributo, giacché nessuna ricchezza interiore è tale se rimane fine a se stessa.

Nell'intervista che riporto di seguito l’autore romano si racconta offrendo con dovizia di particolari aspetti forse reconditi dell’opera, ma che sono di sicuro interesse per quei lettori appassionati delle storie di avventura a sfondo umanitario. E già solo per questo si può dire che la  missione di Standoli è ... ampiamente compiuta!


IO: Esperance: una missione per due” esce a distanza di due anni dal tuo primo libro “Il deserto e la neve”. C’è un collegamento tra le due opere?

FLAVIO STANDOLI: Caro Vittoriano, grazie per la tua ospitalità, in realtà le storie sono molto diverse, anche se in entrambi i romanzi i personaggi divengono protagonisti loro malgrado. Ciò che adoro in un’avventura è il modo in cui le persone affrontano l’azione e come, quest’ultima, si trasformi progressivamente in un’occasione di cambiamento.

IO: Nel tuo ultimo libro il fascino dell’avventura s’intreccia con temi impegnativi come la solidarietà, l’aiuto per il prossimo, il bisogno di sentirsi realizzati rendendosi utili agli altri. Quanto, secondo te, questi valori sono importanti in una società, come quella odierna, apparentemente multirazziale ma sempre più proiettata all'isolamento culturale?

FLAVIO STANDOLI: Credo che nella società odierna, desiderio di protagonismo e successo all'americana abbiano coniato la moneta più forte attualmente in circolazione. I mass media ce la vendono come filosofia di vita e appesantiti da questo metallo affrontiamo lunghi periodi di crisi ragionando esclusivamente con la pancia: l’intolleranza viene sfogata verso i più deboli, quelli che soffrono di più le scelte scellerate dei grandi timonieri, tutti alternano con disinvoltura i ruoli di vittime e carnefici, o si frega o si viene fregati, e allora a morte lo straniero che ci ruba posti di lavoro e riempie i letti dei nostri ospedali, a morte gli omosessuali, che impediscono la ripresa perché privi di valori, a morte l’arte, a morte la cultura, a meno che non sia quella recensita da giornali a tiratura nazionale che ormai non compra più nessuno. Non mi limiterò a dire quanto siano importanti in qualsiasi società valori come tolleranza e solidarietà. Fortunatamente oggi l’isolamento culturale è una scelta, per disintossicarsi e riacquistare la propria umanità consiglio una semplice ricetta: spegnete la TV, uscite a socializzare e imparate bene una seconda lingua, utilizzate internet come se fosse un treno per arrivare a destinazione, e non uno yacht su cui restare a villeggiare.

IO: La fede religiosa, altro tema del romanzo, ha un ruolo fondamentale nelle vicende e nelle scelte dei protagonisti. Sembra quasi il tentativo di recuperare un valore oggi fortemente in discussione. Qual è l’analisi che ne hai tratto?

FLAVIO STANDOLI: Nell'esplorare i contrasti emotivi che vivono i personaggi, non si può non affrontare il tema della religione. Fondamentalmente è la spiritualità dei soggetti a ritmare costantemente l’evoluzione degli eventi. Personalmente sono dell’idea che Islam, Ebraismo e Cattolicesimo abbiano causato direttamente o indirettamente più vittime di qualsiasi altra calamità naturale (anche se nel 99% dei casi vengono utilizzate come paravento per coprire cause molto più materiali), eppure chi veramente crede in una delle grandi religioni monoteiste (l’1% circa delle folle che si riuniscono settimanalmente nei luoghi di culto) può realizzare imprese eccezionali, dimostrare infinita passione, offrire ineguagliabili esempi di solidarietà e tolleranza. L’opera principalmente mette in evidenza un aspetto: più che sulle parole di un uomo, meglio concentrarsi sulle sue azioni.

IO: La corruzione, la mercificazione delle relazioni in nome del Dio denaro rappresentano l’altra faccia della medaglia contro cui si snodano le azioni positive dei protagonisti migliori. La forza dell’amore vince sempre?

FLAVIO STANDOLI: I fatti avvengono e sono ignari delle emozioni che li scatenano. L’amore vince ininterrottamente, è un processo continuo, ognuno ha i suoi motivi per vivere e morire, tradire, abbandonare o restare. Posso essere più esplicito con un esempio: tra “ama e fa’ ciò che vuoi” di S. Agostino e i dieci comandamenti, preferisco i dieci comandamenti. L’amore vince sempre, quindi meglio essere chiari e spiegare chi e come s’intende amare.

IO: La struttura del romanzo è ricca di capitoli che paiono assimilarsi alle pagine di un diario scritto per “mano” degli stessi protagonisti. Perché questa scelta?

FLAVIO STANDOLI: Autonomia e innovazione, due aspetti che ho voluto condensare in un’opera in cui il protagonismo dell’autore è finalmente annientato. La scena è lasciata ai personaggi: sono loro a vivere all'interno del romanzo, e non nascono per recitare un semplice copione: gli eventi scorrono raccontati con i loro occhi e il compito di giudicare scelte e conseguenze spetta esclusivamente al lettore.

IO: Hai dichiarato che i tuoi eroi preferiti sono “le persone comuni che sanno mettersi alla prova”. In effetti, in una società sempre più contrassegnata dal protagonismo, le buone azioni comuni sono delle vere e proprie imprese eroiche. Cosa bisogna fare affinché queste importanti risorse siano più valorizzate?

FLAVIO STANDOLI: Imparare a riconoscere le occasioni che ci fanno sentire bene. Un aspetto della lotta interiore che s’innesca in alcuni “eroi” di Esperance è proprio il fatto di scoprire di essere ciechi, alla continua ricerca di qualcosa di meglio, senza tendere per qualcosa che abbia la semplice facoltà di farli stare bene. Mettersi alla prova significa esporsi al ridicolo, alla reazione violenta degli altri, è un rischio destinato ad aprirci gli occhi, ma solo se saremo bravi a gestire vergogna e fallimenti, un bagaglio con cui tutti dovremmo imparare a viaggiare verso orizzonti più ampi.

IO: E’ più difficile scrivere un romanzo o promuoverlo? Qual è secondo te l’impegno di uno scrittore dopo la pubblicazione di un suo libro?

FLAVIO STANDOLI: Promuovere un’opera è un dovere a cui uno scrittore non può sottrarsi: è una questione di rispetto! Il romanzo è qualcosa di vivo, un essere che nasce per essere apprezzato e interagire con il lettore. Personalmente è questo che mi spinge a sostenere le fatiche della promozione, che non è né semplice, né difficile, ma solo piuttosto noiosa. Per la scrittura invece, aggettivi come “semplice” o “difficile” li trovo fuori luogo, scrivere è una maratona sotto il sole rovente, sei lì a correre e non ti chiedi quanto sia difficile, ma solo quanto sarai cambiato quando taglierai il traguardo. Entrambe le azioni richiedono sacrificio, e la scrittura può ripagarti di tutto l’impegno perché dipende esclusivamente da te. La stessa cosa non vale per la promozione: impegno e successo non sono direttamente correlati, allora il segreto sta proprio tra le mani di quella manciata di lettori: l’email di congratulazioni che ti arriva, il commento positivo di uno sconosciuto, la recensione entusiastica di una blogger. In fondo è pur sempre vero che si vive di piccole cose.

IO: Secondo te c’è bisogno di un’educazione alla lettura o pensi che le nuove opportunità multimediali, come il self-publishing, ne abbiano facilitato il compito?

FLAVIO STANDOLI: Assolutamente sì, internet ha facilitato l’accesso all'informazione e alla cultura, oggi si legge molto di più rispetto al passato, anche se testate giornalistiche e case editrici in fallimento raccontano spudoratamente il contrario. Il punto è che lettori e scrittori si stanno frammentando in una miriade di micro universi dove i poteri forti stentano a imporsi. Il problema è che le persone, al contrario di chi sosteneva che con la globalizzazione si sarebbero omologate, hanno diversificato i propri gusti, e nel contempo i grandi brand hanno perso credibilità con scelte editoriali scellerate. Il futuro della lettura, grazie al WEB, è salvo.

IO: L’ultimo libro che hai letto.

FLAVIO STANDOLI: Anche se non amo i classici, per tenere allenato il mio stentato inglese, sto finendo di leggere in lingua originale la versione epub gratuita di una raccolta di brevi storie fatta da un americano agli inizi del novecento. Dentro ho trovato persino un racconto di Edgar Allan Poe e se sapessi meglio l’inglese forse avrei potuto imparare anche qualcosa di più.

IO: Oltre alla scrittura hai altre passioni?

FLAVIO STANDOLI: Ne ho troppe, mi appassiono a tutto e il tempo non è clemente. Tra le attività che preferisco c’è sicuramente il giardinaggio. L’astronomia per il momento l’ho dovuta abbandonare, già dal pomeriggio mi ritrovo con gli occhi troppo stanchi per ammirare le stelle.

IO: Un sogno che vorresti tirare dal cassetto?

FLAVIO STANDOLI: Tutti i miei sogni li ho tirati fuori e ci sto lavorando, è una sensazione davvero unica. Se potessi dare un consiglio a tutti gli amici disposti a lasciare ancora i sogni nei cassetti direi che la vita è breve: cancellate paura e pigrizia dal vostro vocabolario.

IO: Dove si possono trovare le tue opere?

FLAVIO STANDOLI: Sono in vendita sul sito Amazon, in formato ebook e brossura. Per “Esperance: una missione per due” ho creato anche un blog dove scaricare in pdf i primi capitoli in lettura gratuita:
(http://esperanceunamissioneperdue.wordpress.com/).
Grazie a tutti coloro che vorranno gettare temporaneamente l’ancora su questa sperduta isola.

IO: Grazie per l’intervista. E tanti in bocca al lupo per il futuro.

QUEL MOTIVETTO CHE MI PIACE TANTO

Canto quel motivetto che mi piace tanto, e che fa ….”.  I meno giovani ricorderanno questa simpatica canzoncina degli anni ’40 dell’orchestra di Pippo Barzizza, che fu anche lo slogan (parafrasato) di un famoso spot del mitico carosello.

Sotto la doccia, in bicicletta o viaggiando in auto ci capita di canticchiare o fischiettare la nostra canzone preferita, magari quella che ci spinge al buon umore o ci fa ricordare un momento piacevole della nostra vita.

E’ un esercizio “canterino” che facciamo volentieri soprattutto durante le vacanze, quando le tensioni o lo stress da lavoro si allentano per far posto ad occupazioni o pensieri più distensivi.

Purtroppo questo particolare vezzo è messo a dura prova dalle proposte musicali degli ultimi anni, in gran parte scadenti o poco orecchiabili, tanto da essere dimenticate in fretta.

Nemmeno la kermesse di Canale 5, “Coca Cola Summer Festival 2014”, giunta alla seconda edizione, pare smentire il trend delle ultime estati contrassegnate da canzoni non eccelse, in molti casi anonime e fuggevoli prima ancora che si aprano le porte dell’autunno.

I miei adorati figlioli mi dicono scherzosamente (ma non troppo) che sto diventando vecchio e nostalgico  quando il motivetto che mi piace tanto è

… una canzone di Gianni Bella, "Non si può morire dentro", che mi fa ritornare agli anni della mia adolescenza e delle prime festicciole a casa di amici;

… una canzone di Claudio Baglioni, "E tu," che mi fa ripercorrere con la mente le lunghe passeggiate in riva al mare alle prese con le prime cotte e filarini;

… una canzone di Eros Ramazzotti,Adesso tu”, che mi ricorda il primo bacio con la ragazza che sarebbe diventata mia moglie …

Ogni estate ingaggio una discussione con la mia prole sui brani da inserire nel nostro CD “familiare”. Non trovandoci mai d’accordo sulla canzoni preferite, arriviamo al solito compromesso: ogni componente della famiglia (siamo in quattro) sceglie i suoi dieci brani preferiti disposti in ordine rigorosamente cronologico (dal più vecchio al più giovane): papà, mamma, figlia, figlio.

Così quando siamo in macchina e arriva il mio turno, mi godo … quel motivetto che mi piace tanto, incurante dei “sogghigni” che sento arrivare dai miei compagni viaggiatori.

Mi rilasso con la mente. E sorrido divertito.

INNI SACRI

Tra i misuratori del senso di appartenenza di un popolo alla propria nazione, quello dell’inno nazionale celebrato in occasione di eventi istituzionali o più semplicemente di manifestazioni sportive, è di sicuro il più visibile ed immediato.

Si dice che l’indole di ciascuno di noi si percepisce dai piccoli particolari, da quelle sfaccettature apparentemente insignificanti ma che considerate nell'insieme o contestualizzate in un dato momento, danno l’idea di quello che si nasconde dietro le apparenze.

Siffatta analisi dei comportamenti può essere elaborata, sia pure in maniera spicciola, prendendo spunto da uno degli eventi sportivi più popolari: i mondiali di calcio che stanno per concludersi in Brasile.

La carrellata degli inni nazionali che precede l’esibizione delle varie squadre partecipanti, è una spia non solo del folklore tipico delle manifestazioni di giubilo dei tifosi, ma anche e soprattutto del senso di fierezza e di pathos rinvenibile negli sguardi e negli atteggiamenti dei protagonisti.

Compagini dell’America latina, notoriamente meno sviluppate, come l’Ecuador, il Cile, la Costa Rica e lo stesso Brasile, hanno intonato il proprio inno con una passione e una verve quasi commovente: mano sul cuore, capo verso l’alto e un’esibizione corale all'unisono con le migliaia di sostenitori che hanno sventolato festanti e con orgoglio la bandiera del proprio paese.

Altri paesi c.d. più evoluti, si sono divisi a metà lo scettro della migliore rappresentazione scenica: i tedeschi, forse intimoriti dagli occhi vigili della Merkel, se la sono cavata con sufficiente determinazione, memori del loro passato turbolento che li ha visti prima abbattuti e poi risollevati con nuova linfa.

I russi (che hanno l’inno tra i più belli), nonostante la perestrojka, hanno dimostrato un saldo attaccamento alla propria terra, quasi un “remake” nostalgico delle antiche repubbliche socialiste sovietiche. Per loro l’occidentalizzazione non ha soppiantato le tradizioni popolari che sono sopravvissute alla grande stagione dei cambiamenti iniziata con Gorbaciov.

Infine, l’Italia. E qui casca l’asino! Dopo l’opera di sensibilizzazione avviata dal compianto Presidente della Repubblica Sandro Pertini all'indomani della vittoria mundial di Spagna ’82, si sta ritornando agli anni bui del “religioso” silenzio e della dimenticanza del testo di Mameli. Dai nostri atleti connazionali si sono colti sguardi spenti, bocche cucite o labiali non in sintonia con le parole e le note dell’inno. A ciò si aggiunge la polemica di Balotelli che su Twitter ha preferito glissare sulla sua performance invocando (impropriamente) l’Africa quale modello per la difesa dei valori di uno Stato.

Credo invece che il colore della pelle c’entri poco, come pure le solite accuse sugli stipendi d’oro a motivo dello scarso impegno profuso. Gli onori del proprio Paese non si misurano con la professionalità ma si difendono, anche attraverso lo sport, con ben altro spirito e partecipazione.

E’ un fatto di cultura, di un comune sentire che purtroppo nel nostro Paese si sta disperdendo.

Siam pronti alla morte”, recita Mameli. Ma in questo periodo storico il finale dell’inno sarebbe:

Stringiamoci a coorte, siam pronti alla morte. Siam pronti alla morte, l’Italia chiamò: NO!”

IO UCCIDO

Questa recensione l’avevo programmata per la fine di luglio. La triste notizia della scomparsa dello scrittore mi ha fatto anticipare i tempi. Questo post lo dedico alla sua memoria. Un altro talentuoso artista che ci lascia …

Il romanzo d’esordio di Giorgio Faletti ha subito conquistato gli appassionati del thriller ottenendo in poco tempo un successo dalle proporzioni forse inaspettate (oltre quattro milioni di copie vendute) ma sicuramente meritato per la verve e l’acume narrativo  già sapientemente mostrati.

L’ex “Signor Tenente”, brano con il quale ottenne nel Sanremo’94 un clamoroso successo sbaragliando i più collaudati big della canzone, dopo aver smesso i panni del comico e del cantautore, ha intrapreso agli inizi del nuovo millennio la carriera dello scrittore inanellando una serie di gialli (ben sei) nell'arco di un decennio.

Ma “Io uccido”, uscito nel 2002, è sicuramente il suo romanzo migliore. Trama ricca di colpi di scena nella quale il colpevole non è il solito maggiordomo, bene “ordita” da Faletti soprattutto sotto la componente psicologica dei protagonisti.

Il tema del serial killer, purtroppo molto attuale e presente nelle pagine di cronaca nera, àvoca in sé la devianza sociale del disadattamento, tipico sbocco naturale dei soprusi e delle violenze subite, soprattutto, in ambito familiare. Un corto circuito che scatta nella mente di chi da vittima si trasforma in carnefice, complice una società assente o impreparata a captarne i segnali d’allarme.

Ci sono tanti “Io uccido” che si aggirano intorno a noi e che si manifestano nelle forme più svariate: con le parole (che a volte fanno più male dei …colpi di fucile), con le prepotenze infime e subdole, ovvero mascherate da apparenti benevolenze e, infine, con la violenza fisica e psicologica. Modi ed espressioni che hanno come comune denominatore l’incapacità di costruire e di costruirsi  in un mondo dalle facili inclinazioni distruttive.

E’ questo il messaggio che Faletti ha voluto dare raccontando una storia dal titolo inquietante ma molto vicina alle “ordinarie” follie dei nostri giorni …

LA TRAMA: Un misterioso serial killer sta seminando panico e scompiglio nel Principato di Monaco. Il pluriomicida usa una tecnica molto particolare: preannuncia l’uccisione delle sue vittime facendo ascoltare, nel corso di un programma radiofonico curato dal dee-jay Jean-Loup Verdier, un brano musicale che sarà la chiave di volta per la soluzione del giallo. La ferocia con la quale vengono commessi gli omicidi  nasconde un terribile segreto che ha le sue radici nell'infanzia turbolenta dell’assassino …

UN PASSO DEL LIBRO: “Anche in questo siamo uguali. L’unica cosa che ci fa differenti e che tu, quando hai finito di parlare con loro, hai la possibilità di sentirti stanco. Puoi andare a casa e spegnere la tua mente e ogni sua malattia. Io no. Io di notte non posso dormire, perché il mio male non riposa mai.”
“E allora tu cosa fai di notte, per curare il tuo male?”
“Io uccido …”

L’AUTORE: Giorgio Faletti è nato ad Asti nel 1950. La sua carriera di scrittore, sia pure tarda, è contrassegnata da tanti best seller come “Niente di vero tranne gli occhi (2004), “Fuori da un evidente destino” (2006), “Pochi inutili nascondigli” (2008), “Io sono Dio” (2009), “Appunti di un venditore di donne” (2010), e “Tre atti e due tempi” (2011). Muore all'ospedale Molinette di Torino il 4 luglio 2014 all'età di 63 anni.


GIUDIZIO: Giallo accattivante, ben scritto dall'autore che ha il dono di curare ogni aspetto dell’opera: dai personaggi, magistralmente tratteggiati, al tessuto narrativo che fila liscio fino all'esito finale che non delude le aspettative del lettore. La poliedricità dell’artista Faletti costituisce la rara eccezione che si può essere primi in tutte le varie espressioni creative solo se si ha vero talento …