UN ANNO DI PAROLE


Prima di dare il benvenuto al nuovo anno ci sono ancora spiccioli di tempo per salutare il 2018 con un viaggio a ritroso delle cose che sono successe negli ultimi dodici mesi. I bilanci, si sa, sono un momento di riflessione per valutare quello che è stato fatto, nel bene e nel male, una sorta di sospensione del tempo prima di riprendere la vita e ricominciare con nuovi propositi ed obiettivi. 

Forse è una cosa ovvia, ma noi siamo quello che siamo stati e il futuro non è altro che la proiezione del nostro vissuto, il raccolto di quello che si è seminato lungo il cammino perché nulla è lasciato al caso senza la responsabilità delle nostre azioni. 

Allora, prima di riporlo nel cassetto dei ricordi, c’è ancora tempo per sfogliare il calendario 2018 partendo dall'inizio con i post più letti e graditi di questo blog. Cliccando sui titoli i lettori, se vorranno, potranno riprovare il gusto di rileggerli. 

GENNAIO: Il post più letto del mese è “Il sole tra i fili spinati”, dedicato al giorno della memoria con un racconto sulle gesta eroiche di un segretario comunale durante il massacro della Shoah. 

FEBBRAIO: Stravince il racconto breve “Zucchero amaro” incentrato sull'importanza della vita proprio quando stai per perderla. Otterrà migliaia di visualizzazioni e attestati di gradimento. 

MARZO: “Non ti conosco più amore”, altro racconto breve, piace tantissimo, forse anche per il tema struggente dell'Alzheimer. A seguire: “La parola di questa sera”, dedicato alla prematura scomparsa del bravo presentatore bolognese Fabrizio Frizzi. Buon piazzamento per il "Gesù di Nazareth", recensione della produzione televisiva di maggior successo sulla storia di Cristo.

APRILE: Piace “La Corte si ritira”, riflessioni sulla crisi del corteggiamento in un’epoca imperversata dal virtualismo delle relazioni personali. Sarà il post più letto del mese. 

MAGGIO: Chi la fa l’aspetti. E’ il tema del racconto breve “L'indifferente”, ispirato al materialismo moderno, crudele ed implacabile. Si aggiudicherà la palma del post più cliccato del mese. Al secondo posto un altro racconto breve, “Io e Francesco”, che ha come tema l’interposizione della personalità. Al terzo, "Gli occhi di mia madre", pensieri dedicati alle mamme del mondo (e alla mia).

GIUGNO: Pubblico “Amarsi nello stesso tempo”, considerazioni con citazioni storico-letterari sui grandi amori che sono tali quando sono coevi e reciproci. 

LUGLIO: Il più cliccato è “Nessuno lo deve sapere”, dialogo tra due amici che si confidano un segreto imbarazzante. 

AGOSTO: È il mese dei blog retro, una sorta del Techetechetè letterario. Vince “La nausea, il capolavoro di Jean-Paul Sartre, ma piace anche “La solitudine dei numeri primi”, di Paolo Giordano. 

SETTEMBRE: “L'idiota”, di Fedor Mihailovic Dostoevskij, altro capolavoro della letteratura mondiale, sarà la recensione più gradita. 

OTTOBRE: Continua la scia delle recensioni e ad essere più cliccata è “Un uomo”, di Oriana Fallaci, ancora oggi un best seller della letteratura italiana. Bene anche “La voglia di niente”, racconto breve sull'indolenza della pigrizia. 

NOVEMBRE: Piace “Alla fine del giorno” e, a seguire, “L’emozione delle parole”, due riflessioni sulla concentrazione del tempo e sulla bellezza delle parole. 

DICEMBRE: Stravince “La vita è un attimo, post dedicato alle occasioni che si perdono per rincorrere obiettivi che non hanno grande importanza. 

BUON 2019 A TUTTI I LETTORI!

IL MAGO DI NATALE


S'io fossi il mago di Natale
farei spuntare un albero di Natale
in ogni casa, in ogni appartamento
dalle piastrelle del pavimento,
ma non l'alberello finto,
di plastica, dipinto
che vendono adesso all'Upim:
un vero abete, un pino di montagna,
con un po' di vento vero
impigliato tra i rami,
che mandi profumo di resina
in tutte le camere,
e sui rami i magici frutti: regali per tutti.
Poi con la mia bacchetta me ne andrei
a fare magie per tutte le vie.

In via Nazionale
farei crescere un albero di Natale
carico di bambole d'ogni qualità,
che chiudono gli occhi e chiamano papà,
camminano da sole,
ballano il rock an'roll
e fanno le capriole.
Chi le vuole, le prende:
gratis, s'intende.

In piazza San Cosimato
faccio crescere l'albero del cioccolato;
in via del Tritone
l'albero del panettone
in viale Buozzi
l'albero dei maritozzi,
e in largo di Santa Susanna
quello dei maritozzi con la panna.

Continuiamo la passeggiata?
La magia è appena cominciata:
dobbiamo scegliere il posto
all'albero dei trenini:
va bene piazza Mazzini?
Quello degli aeroplani
lo faccio in via dei Campani.
Ogni strada avrà un albero speciale
e il giorno di Natale
i bimbi faranno
il giro di Roma
a prendersi quel che vorranno.
Per ogni giocattolo
colto dal suo ramo
ne spunterà un altro
dello stesso modello
o anche più bello.
Per i grandi invece ci sarà
magari in via Condotti
l'albero delle scarpe e dei cappotti.
Tutto questo farei se fossi un mago.
Però non lo sono
che posso fare?
Non ho che auguri da regalare:
di auguri ne ho tanti,
scegliete quelli che volete,
prendeteli tutti quanti.

(GIANNI RODARI) 

I MIEI AUGURI DI UN SERENO NATALE A TUTTI VOI

ALBERO O PRESEPE?


In questi giorni che ci avvicinano al Santo Natale, tiene banco il vecchio sondaggio sulle preferenze degli italiani in ordine alle due usanze tipiche di questa festa. Albero o presepe? Tendenzialmente al Nord  si predilige l’albero di Natale mentre al Sud il presepe è quasi un appuntamento irrinunciabile, una tradizione popolare molto seguita e ben radicata.

Certo, se si vuole essere fedeli al significato religioso del Natale, il presepe è quello che esprime meglio la natività del Signore in quanto ci fa ricordare, in tutte le sue rappresentazioni possibili, un evento che ha segnato la Storia dell’umanità. Il presepe inoltre ha in sé il dono della fantasia, aguzza l’ingegno di ciascuno di noi nel ricreare le antiche atmosfere della notte di Betlemme, una sorta di serbatoio che si riempie di una gioia atavica ma sempre nuova e attuale.

La costruzione di un presepe è forse il momento più bello, ancor più del suo compimento. Ci s’improvvisa progettisti con tanto di cartongesso, scatole riciclate e quant'altro per realizzare la struttura che meglio si adatti agli spazi della nostra casa. E poi di corsa per le bancarelle a comprare tutto l’occorrente: pastori, pecorelle, muschio e casette innevate, senza dimenticare i personaggi tipici come i Re Magi, il macellaio, il fabbro, la lavandaia, l’uomo ubriaco o complementi come il pozzetto, il ruscello, il ponticello e la stella cometa sulla capanna di Gesù bambino.

Quando si parla del presepe non si può non ricordare la meravigliosa opera teatrale di Eduardo De Filippo: quel Natale in casa Cupiello con la celeberrima domanda che il personaggio Luca rivolge al figlio Tommasino (detto Nennillo) fino a strappargli in punto di morte il sospirato sì: “Te piace ‘o presepe?”.
Non è Natale se non si rivede almeno in questa occasione un capolavoro assoluto della nostra letteratura.

Se il presepe desta tante emozioni, anche l’albero di Natale non è da meno. Grande o piccolo che sia, ben esposto davanti alle finestre delle case, l’abete colorato di luci, festoni, palline e quant’altro, esprime l’aspetto più gioioso della festa e, sotto il profilo prettamente cristiano, la vita e il perdono dell’umanità che si riconcilia, dopo il peccato di Adamo ed Eva, con la nascita del Cristo Redentore.

Bambino ero l’addetto all’albero di Natale. Mi piaceva occuparmi di ogni piccolo particolare, a cominciare dalle luci che trovavo fantastiche nelle svariate forme a stella o a lampioncino. Stavo ore intere a guardare il mio albero colorato e in cuor mio speravo che la gioia che provavo potesse essere condivisa con tutti i miei cari. Ho tramandato questa tradizione ai miei figli con la variante dello scambio dei doni nella notte di Natale (ai miei tempi non si faceva), quale momento di mutua generosità e vicinanza.

Al di là delle preferenze per l’una o l’altra usanza, penso che non si debba mai perdere di vista il vero significato del Natale: la generosità allo stato puro che si rinnova in ogni altro giorno dell’anno. 

Albero o presepe che sia, è Natale se si fa festa col cuore. 

LA VITA È UN ATTIMO


Passa la vita ma tu non ritorni. La vita è un attimo, basta un clic, lo scatto di una fotografia che tutto è già passato, compiuto, incollato nell'album dei ricordi. La vita è un attimo ma te ne accorgi sempre troppo tardi, come il sole che si nasconde improvvisamente tra le nuvole, la luce che si affievolisce, il buio che s’infittisce.

La vita è un attimo, non fai in tempo a girarti che già ti ritrovi invecchiato con la faccia stampata sulla vetrina di un negozio dove sfoggiano solo oggetti usati. È un attimo, come il caffè bevuto in fretta per scappare via e accumulare tanti attimi di vita che vanno via al calare della sera.

La vita è un attimo, come il bacio che ti ho dato senza morderti le labbra, lo sguardo che si è perso nei tuoi occhi che non hanno visto, le mani che non hanno accarezzato, le lacrime che non sono scese perché inghiottite da un altro dispiacere. È un attimo in quel sorriso che non ho capito, la festa che non è cominciata, il gioco che si è interrotto come un trenino che non vuole più ripartire.

Così passa la vita ma tu non ritorni. La vita è un attimo, come l’ultima ruga che è spuntata sul viso tracciando un solco profondo sulla pelle che ti affretti a nascondere con una maschera di vetro. È un attimo in tante altre facce che sembrano la stessa faccia così che niente hai guardato e niente ti è rimasto tra la folla che si spopola, le piazze che si svuotano e i cortei che si sfilano come tanti gomitoli di lana.

La vita è un attimo, come i colori dell’autunno che risucchiano gli ultimi bagliori dell’estate, l’inverno che avanza e un altro Natale che arriva, che sembra non essere mai passato, come una tavola apparecchiata con gli avanzi del giorno prima e i soliti invitati con lo stesso sorriso truccato, i calici alzati per brindare al nuovo che è già vecchio al sorgere del mattino.

La vita è un attimo, come un treno che parte dalla stazione e sfreccia via per ritornare al capolinea così che sembra che non sei mai partito. E ti ritrovi con le valige in mano che non hai il coraggio di disfare. Pronto ad affrontare un altro viaggio. 

L’ultimo viaggio.