L’anno che è già passato

 


Quest’anno maledetto è già passato poco dopo i festeggiamenti della notte del 31 dicembre 2019. Da allora è stato tutto un retrò, come se il tempo si fosse fermato in un punto indefinito dello spazio, un fermo immagine della nostra vita di sempre bloccata sullo schermo di un grande pannello bianco, di quelli che si vedono al cinema in attesa che la macchina da presa riprenda a funzionare. 

Vite sospese, guardinghe, isolate in se stesse e in mezzo un lungo carro funebre sul quale sono salite tante persone care che purtroppo non ci sono più. Maledetto “venti-venti” contrassegnato dal Covid-19 che fra qualche giorno proveremo a buttare via come la cosa peggiore che ci è capitata anche se resterà per sempre nella nostra memoria.

L’anno che sta arrivando tra un anno passerà. Io mi sto preparando. È questa la novità.” Il compianto Lucio Dalla concludeva così una delle sue canzoni più belle e rappresentative del disincanto, la novità di qualcosa di ripetitivo e come tale largamente pronosticabile.

Mi auguro tuttavia che il 2021 sia l’anno della controtendenza, della rinascita vera e propria e non la dimostrazione postuma di quello che è già stato. Sia davvero l’inizio di una nuova vita per tutti noi per ritornare a stringerci e ad abbracciarci, unica eccezione che forse saremmo disposti a ripescare dal passato.

Buon anno a tutti i lettori de “Le parole del mio tempo”, non prima di aver gettato l’ultimo sguardo sui post più letti di quest’anno tanto amaro e infausto.

 GENNAIO, post più letto: A me non capita

FEBBRAIO, post più letto: La storia di Gertrude

MARZO, post più letto: Casa dolce casa

APRILE, post più letto: La vita che passa, la vita che cambia

MAGGIO, post più letto: Non mi piaci

GIUGNO, post più letto: Decameron

LUGLIO, post più letto: Ti conosco mascherina

AGOSTO, post più letto: Porci con le ali

SETTEMBRE, post più letto: Innamorarsi in un tempo sbagliato

OTTOBRE, post più letto: La Voce

NOVEMBRE, post più letto: L’amore sublime

DICEMBRE, post più letto: Le mie canzoni sono differenti


BUON 2021

(Adda passà ‘a nuttata)

Natale diverso

 


Natale diverso ma uguale nel cuore. 

Forse più intenso e più coinvolgente.

Scevro di contorni luccicanti

di cordigliera umana dissolta dal lockdown 

Più vero e memore di ciò che è stato

Di chi ci ha lasciato ma dentro di noi

non se n'è mai andato 

Piu ricco delle cose che contano

Degli affetti che restano. 


BUON NATALE A TUTTI VOI

Le mie canzoni sono differenti

 

Alfredo Cerruti, noto discografico recentemente scomparso, dopo aver ascoltato l’ultima nota mi guardò abbozzando un sorriso e commentò: “ Le tue canzoni sono bellissime ma troppo impegnate. Temo che il pubblico non possa capirle ed apprezzarle come meritano”. Si era agli inizi degli anni ’80 e per me fu come una sentenza di condanna che pose fine ai miei sogni di gloria.

Forse avrei dovuto insistere, tentare altre strade, credere di più nelle mie capacità. O forse ho fatto bene perché non avevo dalla mia una bella voce, un'immagine prestante e prorompente in grado di spaccare gli argini delle remore e della diffidenza. Chissà!

A distanza di oltre trent’anni da quell’episodio ho deciso di pubblicare nel 2012 con la casa editrice Meligrana “Le parole del mio tempo”, una raccolta di 107 testi scelti tra le oltre 300 canzoni che ho scritto durante i miei anni di passione per la musica. Il libro ha ottenuto migliaia di download e tanti commenti lusinghieri. 

Mi è bastato questo. A volte certi obiettivi ed aspirazioni devono essere rivisti e rivalutati sotto una prospettiva diversa.

Non si è trattato di un ridimensionamento perché quando si hanno certe passioni è giusto che si coltivino in ogni forma possibile. Così di recente ho cominciato a pubblicare alcuni brani di queste canzoni, non certo per riesumare vecchi sogni di gloria ma semplicemente per disseminare emozioni per chi vorrà raccoglierle.

Qui sotto il link per accedere alla raccolta ma...

 … non cliccare se non sei predisposto all’ascolto come momento di riflessione.

 … non cliccare se sei alla ricerca di brani meramente orecchiabili e di pura evasione.

 … non cliccare se i tuoi gusti musicali prediligono atmosfere diverse dal genere cantautorale e intimistico.

 Le mie canzoni sono differenti.

Se invece ti va clicca qui: Le mie canzoni sono differenti

La lettera che non scriverò

 

Scrivo queste parole che non leggerai. Fra i tanti o pochissimi visitatori mancherai proprio tu, la persona che più di tutte è riuscita a darmi sostegno e coraggio senza saperlo perché nulla c’era da sapere se non l’impronta del mio silenzio.

Comincerò col dirti che mi è bastato inseguirti con lo sguardo per immaginarti al mio fianco anche se non ci sei mai stato. Ti ho pensato e disegnato su fogli di carta racimolati qua e là per ricordarmi di te nei momenti in cui la mente si sarebbe annebbiata e avrei fatto fatica ad orientarmi, a riprendere quel cammino che proprio tu hai tracciato per me.

Le strade di ieri non le ricordo più. Splendida amnesia per proiettarmi nel futuro e abbracciarmi di nuovo in cerca di tenerezza, di coccole e poi ancora coccole, con te che mi seguirai da vicino o da lontano, ma in silenzio come sempre. Sentirò la tua presenza tutte le volte che dovrò affrontare altre prove della vita, con occhi benevoli quando cadrò, guardinghi e diffidenti quando mi vedrai volare oltre le mie aspettative.

Pensare al domani, a come potrebbe esserlo, raggiante e variopinto, è la migliore medicina per curare l’avanzare degli anni, le forze che non sono più come una volta ma che grazie a questo pensiero sembrano rigenerarsi, ricevere nuova linfa dall’eterna giovinezza delle idee. Me lo hai insegnato proprio tu, ricordi? Un uomo senza futuro è una scatola vuota, un animale vagante senza meta, un’oloturia senza capo né coda.

Ci sarai sempre tu nei miei pensieri. Mi accompagnerai per non farmi sentire solo, sentirò il tuo abbraccio tutte le volte che avrò paura. E m’innamorerò di te, cento, mille volte ancora. Ti farò l’amore spogliandomi di tutte le mie impurità, delle mie debolezze che sono tante anche se cerco di mascherarle con il mio essere burbero e scostante.

Domani sarà diverso. A volte l’attesa è più emozionante del presente che si vive e chissà che non t’incontrerò davvero nel mio cammino, che non t’innamorerai anche tu di me e mi trasporterai come il vento nelle direzioni che desidero e che vorrei condividere con te.

Chissà che non t’innamorerai delle parole di questa lettera che non scriverò. Perché l’ho già scritta sulla sabbia bagnata che il mare si sta portando via.

Pagliacci

 


E ci ritroviamo eterni alleati
di una stessa idea di una stessa odissea
Pagliacci senz'anima senza sentimento
Pagliacci nel vento

Ma che odore strano ha il tuo corpo incolore
profumo di sesso fuori o dentro è lo stesso
Amanti dispersi per caso ritrovati
Amanti diversi

Tu od io?
Ma che confusione!
Tu od io?
Ma che coesione!

Pensieri bugiardi troppo vuoti gli sguardi
e si tira avanti senza troppi riguardi

Io mi tormento del mio assurdo momento
e tu stai a guardarmi, peggio ancora a scrutarmi
col cuore di ghiaccio sembri proprio un pagliaccio
e non ti piaccio!

Quanta ipocrisia c'è nella vita mia!
Tra l'adulazione e l'immaginazione
c'è di mezzo un pagliaccio
fatto solo di ghiaccio
tu od io chissà forse tutti e due!

E ci ritroviamo un po’ soli e distratti
un po’ consumati un po’ tristi e sbagliati
Pagliacci senz'anima senza sentimento
Pagliacci nel vento

Tu ed io
sempre a litigare
Tu ed io
sempre a farci del male

Forse posso salvarmi dalla tua indifferenza
Forse posso sottrarmi alla tua impertinenza

Io mi tormento del mio assurdo momento
e tu stai a guardarmi peggio ancora a scrutarmi
col cuore di ghiaccio sembri proprio un pagliaccio e non ti piaccio!

Quanta ipocrisia c'è nella vita mia!
Tra l'adulazione e l'immaginazione
c'è di mezzo un pagliaccio fatto solo di ghiaccio
tu od io chissà forse tutti e due!

 

(Tratto da Le parole del mio tempo”)

Ad un passo dal nulla

 

Forse capiterà anche a me di ritrovarmi ad un passo dal nulla, col respiro che si diraderà come il risucchio delle onde del mare. Apnea momentanea o definitiva, sospensione della vita in attesa che tutto si compia in un verso o nell’altro. Sono momenti terribili che più o meno si rinvengono nelle testimonianze di chi si è imbattuto in questa pandemia maledetta che sta flagellando il mondo.

Sarà come il nulla prenatale, il silenzio che si fa rumore nel vuoto di una stanza di fortuna, inaccessibile ed impenetrabile. Saranno i pensieri a diffondersi nell’aria come uniche risonanze di vita, ricordi che si accavalleranno in una manciata di secondi interminabili, l’eternità aggrappata all’effimero o a qualcosa di provvisorio e barcollante.

Non ci sarà il tempo per fare quelle cose che hai rimandato un miliardo di volte, le parole che avresti voluto dire alle persone care e che invece hai trattenuto dentro di te per chissà quale maledetto indugio.

E non ci sarà il tempo per i sorrisi che hai nascosto dietro una maschera di ferro per non lasciarti andare, per mostrarti forte e deciso mentre avresti voluto aprirti alle tue debolezze, a quella spensieratezza che hai inseguito fin da bambino e che ti è sfuggita di mano come il filo di un aquilone.

E chissà se ci sarà il tempo per fermare il tempo, per ricordare l’ultimo sussulto di felicità, l’ultima passeggiata al mare, l’ultimo abbraccio da cui ti sei liberato troppo in fretta, l’ultimo bacio dal sapore acerbo e giovanile, lo sguardo tuffato nei colori di una bella giornata di sole che non rimpiangerai mai abbastanza.

Tutto in un attimo in attesa che si compia quello che è scritto nel fato, perché questa malattia infima colpisce a caso, come il gioco della roulette russa in cui non sai se toccherà a te quell’unico proiettile inserito nella rivoltella.

Ad un passo dal nulla prima di precipitare o di ritornare alla vita mentre i pensieri viaggiano all’impazzata perché  giungano in tempo nel cuore di chi hai amato. Come un messaggio in bottiglia, il testamento di queste parole del mio tempo.

L’amore sublime

 



E non esiste casa che non sia il tuo nome
E non esiste un’ombra nelle tue parole
E non esiste niente oltre i miei cinque sensi
E non c’è luogo al mondo dove non ti pensi

E non esiste dubbio ad ogni mio risveglio
E non esiste bocca dove amare meglio
E non esiste l’aria se non ti respiro
E non c’è più nient’altro da cercare in giro

E ho il desiderio, l’impressione ormai di perdermi
Se chiudo gli occhi mi dimentico di me

Mi presento così
Così come mi vedi
Spoglio di vanità
Non nascondo segreti
Io mi adatto se vuoi
Quando si parla d’amore
Io do il meglio di me
Io mi faccio apprezzare

E non esiste giorno che non mi sorprenda
E non esiste attesa dove non ti attenda
E non esiste affatto un altro paradiso
E dimmi cosa esiste dopo il tuo sorriso

E non esiste scelta per i miei pensieri
E non esiste voglia che tu non avveri
E non esiste errore che non sia rimpianto
E non esiste il mondo quando siamo accanto

E in un momento adesso tutto sembra perdersi
E all’improvviso rimaniamo solo io e te

Ed è sempre così
C’è ben poco da dire
È in silenzio che poi
Ci si impara a capire
Ed è stato così
Che ho perduto il controllo
Fammi quello che vuoi
Perdersi com’è bello

Il miracolo è qui
Tu il miracolo sì

Ed è sempre così quando impari a sentire
L’infinita poesia di un amore sublime
Ci lavorerò su per non farti scappare
Con tutto il fiato che ho sosterrò questo amore
Per non farlo annegare in questo sterile mare
Via tutte queste barriere, fate entrare l’amore
Il miracolo è qui, un miracolo sì 

(L. Vizzini-Renato Zero)


La polvere addosso

I ricordi ingialliscono come le fotografie ma restano addosso come la polvere. Accade soprattutto quando hanno a che fare con le persone care che non ci sono più, delle quali avvertiamo ancora la presenza. C’è un cordone ombelicale che ci unisce con chi ci ha lasciati per intraprendere un altro viaggio verso una dimensione nuova e sconosciuta.

Con la commemorazione dei defunti i ricordi rinverdiscono, si fanno più nitidi e cristallini e rivivono dentro di noi come se tutto fosse appena passato. E quest’anno la celebrazione del 2 novembre, funestata da un dolore giovane e improvviso per le morti da coronavirus, sarà ancora più sentita.

I cimiteri saranno aperti ma bisognerà rispettare le norme sul distanziamento sociale evitando affollamenti e congestioni intorno alle tombe dei nostri cari. Tutto sarà più sobrio e non saranno allestite le solite bancarelle con dolci e pasticcini della tradizione, zucchero filato sulle facce di bambini giocosi e innocenti in quella che avrebbe dovuto essere nello stesso tempo una giornata commemorativa e di festa.

E invece sarà il silenzio a farla da padrona e le preghiere ai defunti saranno a loro volta rivolte a noi stessi affinché ne possiamo uscire tutti sani e salvi da questa guerra atipica contro un nemico abietto e invisibile. Forse mai come quest’anno il connubio tra il mondo dei vivi e quello dell’al di là sarà connotato da una sorta di mutuo soccorso, di stretta e reciproca vicinanza in un tempo dalle dimensioni indifferenti.

Il vento spazzerà via le foglie ingiallite dell’autunno ma sentiremo addosso la polvere dei ricordi come un profumo antico che annuseremo in tutta la sua dolcezza e soavità affinché tutto ci sia più lieve e giusto.  

IL PAESE DEI VECCHI

Nel paese dei vecchi
non si pensa alla vita
solo qualche partita
e un bicchiere di vino

Poi si aspetta il tramonto
con la stessa apatia
e si intavolano discorsi uguali che volano via

Ogni tanto si vive
un amore per strada
Ogni tanto una macchina bussa o rallenta ma il tempo non passa

E si sta col silenzio
si ride sempre di meno
Poi magari qualcuno corre in bicicletta e strappa al cielo un inganno

Nel paese dei vecchi
si lavora nei campi
si coltivano gli anni ancora umidi di pioggia

C'è qualcuno che canta
in aperta campagna
altri che si ubriacano sopra letti di paglia

Si sta per delle ore
intorno ad un tavolino
e si aspetta la morte quasi fosse la notte della liberazione

Sotto il sole maturo
piange forte il futuro
Sull'asfalto tortuoso è tracciata di rosso la figura di uomo

Nel paese dei vecchi
ci son pochi problemi
e per caso qualcuno se li inventa davvero

Questa pace è il preludio
ad un nuovo digiuno
Ma che poveri cristi così soli così tristi in questi tempi più pigri

Strade senza un'uscita
Rimpianti in una valigia 
E si fa anche l'amore con il sesso sul muro non se ne accorge nessuno

 

(Tratto da Le parole del mio tempo”)

 

E LA VITA VA DA SÈ

E la vita va da sé
con le gonne e i pantaloni
con le facce indifferenti
coi tuoi anni fermi a venti

Con la sporca fantasia
la realtà di casa mia
Con quello che non ho più
tanto freddo e in fondo tu ...


E la vita va sé
È l’Italia che non c’è
Resta nuda anche per te
pronta da scopare in tre

Forse non sa più inventare
un rapporto sessuale
Dividiamoci stavolta
con un “mai” dietro la porta

E la vita va da sé
Il mio amico fuma ancora
e aspetta lei fino all’aurora

Appannati gli occhi miei
Pioggia o vento dove sei?
Sei come me e non vorrei

E la vita va da sé
Tu non la controlli più
La vorresti un po’ diversa
Che vuoi farci? Hai solo questa

Sai che avrei voluto anch’io
dire al vento “sono mio”
camminare e andare avanti
raccogliendo nuovi anni

E la vita va da sé
Il mio amico fuma ancora
e aspetta lei fino all’aurora

Appannati gli occhi miei
Pioggia o vento dove sei?
Sei come me e non vorrei …

TRATTO DAL’AQUILA NON RITORNA

LA VOCE

 

Ci si può innamorare di una voce? A me è capitato ed è stato devastante. L’ho sentita in un giorno qualunque mentre rincasavo e mi spogliavo della mia solita stanchezza. Aveva un timbro caldo e suadente che mi ha pervaso il corpo procurandomi sollievo e benessere. Da quel momento non ho potuto fare a meno di cercarla, di ascoltarla con riverenza ed attenzione come quando ci si trova in un luogo di culto e si resta in religioso silenzio.

Ho perso letteralmente la testa per una voce, più esattamente del suono di questa voce al di là delle parole che mi sono giunte all'orecchio e che ho lasciato scivolare via con distrazione e senza peso alcuno. Non sono state importanti le cose che mi ha detto ma il modo con cui me le ha comunicate, quel tono forte e deciso che mi ha inebriato e mi ha fatto stare fuori dal mondo. Una dolce sospensione dei sensi come quando si sta in apnea e si smette di respirare per alcuni interminabili secondi.

Sono certo che se questa voce si materializzasse e prendesse corpo non sarebbe più la stessa cosa; perderebbe quel fascino misterioso che la contraddistingue e che mi ha reso al suo cospetto unico e diverso da tutto ciò che mi circonda. La specialità di questo rapporto è l’essenza di un amore folle, e nello stesso tempo tangibile e percettibile, che provo ogni volta che ascolto il suono della mia cara voce insinuarsi dentro di me come un mare in continua agitazione.

Non potrei fare a meno di questa voce. Io che adoro il silenzio sono sceso a patti con me stesso per interrompere la quiete che alberga la mia anima. Non tollero altro rumore se non quello melodioso e cadenzato della mia voce. A furia di ascoltarla sono diventato distratto, avulso dal mio contesto, separato da ogni relazione con un mondo nel quale sono stato catapultato per errore o per sbadataggine  cromosomica.

Amo questa voce che mi protegge e mi fa stare bene. Come una madre premurosa mi accompagna nel mio cammino indicandomi gli ostacoli che incontro e il modo per superarli. L’unica certezza in mezzo a tanti dubbi, effimere illusioni che si diffondono nella notte e svaniscono alle prime luci dell’alba.

Ormai è un’abitudine, un rito che osservo ogni sera al quale non saprei rinunciare. La sento chiara e nitida, a volte severa e paternalistica, che mi punzecchia nelle orecchie. Poi si acquieta e mi acquieto fino ad addormentarmi con le sue carezze.

 


 

Pensieri di ottobre

Le stagioni si susseguono e si rincorrono tra loro come tappe della vita a ciclo periodico. Ciascuna ha un inizio e una fine per poi ritornare a tempo debito come una promessa che si rinnova dell’antico splendore. Autunno, inverno, primavera, estate, nessuna è più bella delle altre perché ognuna ha i suoi pregi e i suoi difetti come accade nel mondo degli uomini.

Le stagioni del tempo sono le stagioni della vita, si riconoscono dagli odori che si sentono nell'aria regalando gioia, ansia, trepidazione o semplicemente l’ebbrezza di un paesaggio dai colori mutevoli: dalla neve che imbianca le cime dei monti e i tetti delle case, agli alberi spogli che si rinverdiscono al primo sole di primavera; dalle spiagge che si affollano di ombrelloni e di corpi abbronzati, alle foglie ingiallite nei boschi o sui marciapiedi di città che il vento spazza via in attesa di un altro Natale.

Le perturbazioni del tempo, così come le basse e le alte pressioni atmosferiche, sono le sentinelle dei nostri stati d’animo; sembrano avvertirci che dopo un dolore, un dispiacere, un momento no, c’è sempre una nuova gioia da assaporare perché niente inizia o finisce veramente. Basterebbe ascoltarle queste sentinelle, coglierle nell'attimo stesso in cui si presentano per capire che la vita va avanti spedita come un treno, con o senza gli stessi viaggiatori.

Ed è una vita che si rinnova degli antichi abiti che sanno ogni volta di nuovo ma di quel già visto che è sempre un bel vedere, proprio come le stagioni del tempo. Una congiunzione che dovrebbe essere ripristinata negli usi e nei costumi della società odierna che pare invece proiettata verso una virtualizzazione dei modi di vivere.

Spesso non vediamo quello che passa sotto i nostri occhi, preferiamo volgere lo sguardo altrove allontanandoci da ciò che ci unisce. La vita passa a ritmo delle stagioni e noi dovremmo cogliere queste trasformazioni purificandoci dalle scorie di ciò che finisce per essere pronti a ricominciare.

Basta farlo con il piglio giusto di un altro inverno, un’altra primavera, un’altra estate e un altro autunno.

E questi pensieri di ottobre che il vento sta portando via non sono altro che il preludio di un’altra bellissima stagione.

LUCCIOLE

 


(Per ascoltare il brano clicca sull'immagine in alto).

Strade che finiscono davanti al buio
Marciapiedi pieni di colore umano
Qui non ci son stelle 
solo buchi sulla pelle

Scende anche stavolta lenta e silenziosa
questa notte brava bella e maliziosa
fatta per aprire cuori freddi e finestrini

Eccole che danzano sopra le ore
lucciole che ballano senza parole
con il capo in fondo si alzano ed è già il conto

Volti sconosciuti altri molto noti che
sfidano la notte e i bagliori tiepidi
che si vedono spuntare all'improvviso
quando tutto è già finito

E le trovi nei bar
con la spesa sul tram
Certe hanno anche un figlio
e un marito coniglio

Altre sono chissà
a curarsi l'età
le ferite che il mondo
ha lasciato giù in fondo

Lucciole che ballano senza nascondersi
anche se non vogliono devono accendersi
aspettando il giorno 
senza neanche un sogno

per tornare sulle strade che finiscono davanti al buio
Marciapiedi pieni di colore umano
Qui non ci son stelle
sono andate a farsi belle!
 

(Tratto da Le parole del mio tempo)

INNAMORARSI IN UN TEMPO SBAGLIATO

 

Non ci siamo mai amati nello stesso momento. Quando io ero pronto non lo eri tu e viceversa. Sembra che il destino si sia preso gioco di noi, o forse siamo stati noi a sfidarlo, a tirare troppo la corda che alla fine si è spezzata. È accaduto a noi che ci siamo amati in un tempo sbagliato.

La contemporaneità dell’amore è la base di partenza per una buona relazione sentimentale, il punto focale intorno al quale dovrebbero gravitare le migliori manifestazioni emotive, come due calamite che si attraggono se si trovano sulla stessa linea d’aria a poca distanza l’una dall'altra. Ma basta la minima deviazione perché questo non avvenga.

Deviazione voluta o imboccata dagli eventi, da storie che nascono su strade di periferia dove il sole non batte mai e il buio è l’unica cornice che rende sbiaditi i contorni.

Ci sono amori che sono fatti per essere sofferti, invisi, irraggiungibili. Più sono distanti, più li sentiamo vicini al nostro dolore, che quasi ci mancano quando sono presenti e ci riempiono della loro assenza quando fuggono via. Amori strani, maledetti, ma pur sempre amori.

C’è un romanzo, “Incontrarsi e dirsi addio” di Ferenc Kormendi, che avevo letto da ragazzo e mi era particolarmente piaciuto. Ambientato negli anni trenta, è la storia di uno scrittore disilluso dal mondo che giunge a Capri per una vacanza. Qui inizia una relazione con la giovane moglie del proprietario dell’albergo dove alloggia, molto più anziano di lei. Una relazione burrascosa che non appaga le inquietudini del protagonista e che muore sul nascere.

Amori che fioriscono e appassiscono in un attimo, come quello raccontato da Kormendi, non sono rari da trovare; più di frequente si perdono e scivolano via in presenza di ostacoli, reali o immaginari, che diventano insormontabili.

Diventa fondamentale il momento in cui ci s’incontra, la predisposizione a concedersi, a darsi senza condizioni, ad avere un progetto comune, un’aspirazione che si diparte dalla stessa radice.

Ecco perché il tempo dell’amore deve essere coevo, istantaneo, corrispettivo. Gli amori asincroni generano rimpianto, si rincorrono come due rette parallele senza incontrarsi mai.

E sono amori che nascono e muoiono in un tempo sbagliato.

 

 

 

 

TE LO DICO IN DUE PAROLE

 


“Per governare bene uno Stato bisogna ascoltare molto e parlare poco”. (Cardinale Richelieu).

 “Le cose grandi vanno giudicate con animo grande, altrimenti si finisce per vedere in esse i difetti che sono in noi”. (Seneca).

 “La vita è una stoffa che i giovani vedono dal diritto, i vecchi dal rovescio”. ( Camillo Sbarbaro).

 “Tutto è già cominciato prima, la prima riga della prima pagina di ogni racconto si riferisce a qualcosa che è già accaduto fuori dal libro”. (Italo Calvino).

 “Il più semplice scolaro sa oggi verità per le quali Archimede avrebbe sacrificato la vita”. (Ernest Renan).

 “In tre occasioni l’uomo rivela la sua natura: quando la sua mente cede all'ira, quando il suo corpo è piegato dal vino e quando deve mettere mano alla borsa”. (Proverbio cinese).

 “Perché si uccidono persone che hanno ucciso altre persone? Per dimostrare che le persone non si debbono uccidere”. (Norman Mailer).

 “Mi piacciono le favole dei filosofi, rido di quelle dei bambini, odio quelle degli impostori”. (Voltaire).

 “Hanno un bell'essere stupide le parole dello sventato: esse, a volte, sono sufficienti per confondere l’intelligente”. (N. Gogol).

 “Niente di più bugiardo può essere uno specchio che non riflette l’anima di chi si guarda”. (Vittoriano Borrelli).

 “Non si fa il proprio dovere perché qualcuno ci dica grazie...lo si fa per principio, per se stessi, per la propria dignità”. (Oriana Fallaci).

 “Le religioni sono strade diverse che convergono verso uno stesso punto. Che cosa conta imboccare strade diverse, se arriviamo alla stessa meta?”. (Gandhi).

 “Esistono cinque categorie di bugie: la bugia semplice, le previsioni del tempo, la statistica, la bugia diplomatica e il comunicato ufficiale”. (George Bernard Shaw).

 “Le cose che una generazione considera un lusso, la generazione successiva le considera necessità”. (Anthony Crosland).

 “Non sappiamo nulla di noi stessi e ci muoviamo, viviamo, sentiamo e pensiamo senza sapere come”. (Voltaire).

 “Essere indulgenti verso gli altri, severi con se stessi è un consiglio banale; nell'esistenza è la sola regola da seguire”. (Marcel Proust).

 “Non lasciare che sia la parola a correre più velocemente del pensiero”. (Vittoriano Borrelli).

BRAVO RAGAZZO

 

Non avrei voluto essere un bravo ragazzo e nemmeno il primo della classe. Appellativi che mi sono stati affibbiati fin dalla tenera età, con mia madre che mi guardava orgogliosa dei miei silenzi e del mio essere discreto. Per anni mi sono chiesto che cosa sarebbe stata la mia vita se avessi imboccato un’altra strada, libera, anarchica e senza regole precostituite.

 

Essere un bravo ragazzo costa fatica. Ci vuole dedizione, attenzione e deferenza verso gli altri,  essere sempre all'altezza e non deludere mai. Insomma una faticaccia che toglie estro, fantasia, improvvisazione, spregiudicatezza.

Meglio, molto meglio essere un ragazzaccio o, come si dice dalle mie parti, uno scugnizzo che mastica di strada, di polvere in faccia da spazzare via con uno sputo verso il mondo che ti guarda come un Grande Fratello, a cui non appartieni e dal quale preferisci prendere le debite distanze.

Un cattivo ragazzo o un uomo cattivo, spregiudicato, contestatore e calpestatore affascina di più. Un manipolatore delle genti schiave della propria debolezza di non osare, l’eroe dei nostri tempi che sghignazza davanti ad una folla anonima che batte in ritirata trovando a quel punto terreno fertile per imporre la propria agibilità sociale.

Un cattivo ragazzo è l’esempio da seguire, il proibito che stuzzica gli appetiti come quando si ha una gran fame dopo un lungo digiuno fatto di rinunce, di diete ferree badando a non ingrassare nemmeno di un centimetro, compressi in un corpo privo di forme adescanti e provocanti.

E chissà che non siano proprio i bravi ragazzi ad essere cattivi e questi ultimi i più buoni e... accattivanti.

Chissà che non sia stato anch'io un cattivo ragazzo senza malizia e furbizia, senza avere cura di me stesso perché troppo occupato ad accontentare anziché ad accontentarmi, prendere per mano la mia anima e coccolarmi.

Il pensiero verso gli altri alla fine lacera e consuma. Sarò stato proprio un cattivo ragazzo se mi sono perso nella scrittura, nelle parole d’inchiostro che hanno decantato un mondo che non esiste, che mi hanno fatto agire, alfine, all’ombra dei poeti maledetti.

 

BlogRetro: LA VITA DI CARTA

 

Il foglio bianco aspetta di essere riempito di nuove parole, di nuove emozioni che possano giungere a chi saprà comprenderle e sentirle, come un messaggio in bottiglia che naviga nei mari sconfinati della nostra immaginazione. Prendono forma e sostanza le parole, quelle sottaciute e accantonate in un angolo della nostra memoria che tutto ad un tratto si sprigionano dall'inchiostro per andare dove vogliono.

 Ci sono parole che sono uguali a se stesse  e si susseguono in una monotona clonazione dei sensi, altre, disordinate e sgrammaticate, emergono a tutto tondo senza punteggiatura e sintassi come se avessero fretta di uscire dal loro guscio per far sapere al mondo intero che ci sono e che possono coesistere con le più pure e sofisticate.

Dalle parole nascono le storie e i personaggi più svariati, si moltiplicano le vicende in un intervallo di tempo che non è il tempo ma solo la percezione che ciascuno di noi ha dei brandelli di vita che spaziano in una cronologia asincrona e dissociativa del pensiero; libere ed anarchiche da chi le ha messe in scena che quando le rileggi non le riconosci più.

Le parole sono lo strumento più facile da usare per volare alto e distinguersi da tutti pur rimanendo uguali agli altri. Con le parole si fa l’amore o la guerra con se stessi, si è migliori o peggiori di quanto si voglia veramente. Sono l’abito perfetto o imperfetto che indossiamo quando ci relazioniamo con chi ci sta intorno; a volte ci va a pennello, altre ci va stretto ma ci manca il coraggio di togliercelo di dosso perché non troviamo nuove parole per cambiare il linguaggio dell’anima.

Scorrono le parole per scovare nuove vite disperse che la realtà sommerge e soppianta in luogo di scenari asettici e precostituiti. Si trasformano in emozioni che nessun altro può comprendere all'infuori di te perché per farlo c’è bisogno di sentirle ed interiorizzarle, come quando si guarda il mare in silenzio e dal silenzio gridare, muti, il proprio bisogno d’amore.

Per innamorarsi, stringersi ed abbracciarsi senza avere più paura.

Piangono le parole in un dolore che fa più male di quello fisico perché qualcuno non le ha volute ascoltare e sono volate via come fa un gabbiano quando abbandona il proprio nido o un’aquila che si rigenera senza essere più uguale a se stessa.

Finiscono le parole quando arrivi all'ultima pagina di un libro che non smetti mai di scrivere e che vorresti rifarlo daccapo per comprendere e comprenderti. E quando pensi di aver scritto l’ultima parola succede che ti domandi senza trovar risposta: che cosa resterà di te?

BlogRetro: GLI AMICI SILENTI

 

Avrai carezze per parlare con i cani. E sarà sempre di domenica domani …”. Questi splendidi versi della hit di Claudio Baglioni, “Avrai”, sono entrati nei miei pensieri di gioventù e ancora oggi conservano tutta quella carica emozionale che mi aveva inondato al primo ascolto. L’espressione più sublime della voglia di comunicare e di ricevere calore e gioia come accade (o dovrebbe accadere) in un giorno di festa.

 

Sono i cani gli amici silenti, quelli che parlano con lo sguardo e dicono molto di più di ampollose parole, di frasi fatte e di circostanza cui siamo costretti ad ascoltare nel nostro mondo delle relazioni. In Natura tutto dovrebbe essere governato con equilibrio: i rapporti con l’ambiente, con gli animali e con gli uomini. Ma è un equilibrio precario, di vetro, pronto a frantumarsi non appena si registrano alterazioni più o meno significative in ciascuno di questi contesti.

 

Il disadattamento sociale non è cosa dei nostri giorni. C’è sempre stato fin dalla notte dei tempi ed è fortemente proporzionale alla qualità delle relazioni: quanto più queste sono reiettive delle differenze e dei diversi bisogni individuali, tanto più favoriscono l’isolamento e l’emarginazione.  

 

Eppure un insegnamento che “latita” nei programmi didattici quanto meno “ufficiali” è proprio l’amore per gli animali, e in particolare per i cani. Tanto si perde in termini di educazione ai buoni sentimenti.

 

Niente di più terapeutico può essere la compagnia di un amico a quattro zampe, vale molto di più di una seduta dallo psicologo (peraltro anche “salata”) o di interminabili esercizi ginnici per rassodare il corpo e presentarsi agli altri più sani e più belli ma con tante imperfezioni interiori.

 

Molto di più di una combriccola di amici che tanto parla e nulla dice, molto di più che stare su Facebook o su qualsiasi altro social network con gli amici “umanicolpevolmente silenti quando scrivi per comunicare qualcosa: un’emozione, uno stato d’animo, una richiesta di aiuto.

 

Avrò  carezze per parlare con i cani. E non soltanto di domenica, domani…

BlogRetro: UN UOMO

 

Pubblicato nel 1979, il romanzo “Un uomo” di Oriana Fallaci ebbe un enorme successo (c.a. tre milioni e mezzo di copie vendute)  raccogliendo consensi da parte dei migliori esponenti della critica letteraria.

Il romanzo racconta la storia del rivoluzionario greco Alekos Panagulis, compagno nella vita della scrittrice, che tenta in tutti i modi di sovvertire il regime dittatoriale di Georgios Papadopoulos, leader della Grecia. Ma il golpe fallisce e Panagulis viene rinchiuso in carcere e condannato a morte.

La sentenza non viene eseguita e Panagulis ottiene la grazia. Uscito dal carcere incontra la Fallaci che lo intervista e s’innamora di lui. Inizia tra i due una tormentata storia d’amore che li porterà a fuggire in Italia cercando aiuto negli esponenti della politica nostrana per liberare la Grecia dal tiranno Papadopoulos.

Il rientro in Patria avviene poco dopo la caduta del dittatore e Panagulis si iscrive all’Unione di Centro- Nuove forze, diventa deputato ma non accetta le logiche del partito.

Dedicherà gli ultimi anni della sua vita nel tentativo di sovvertire il nuovo Papadopoulos identificato nel ministro della difesa Evangelos Averoff che verrà ucciso da dei sicari in un incidente stradale.

Chiede e ottiene dalla sua compagna la stesura di un libro sulla sua vita per essere ricordato ai posteri.

Bellissima e di pregevole stile letterario la parte del racconto in cui il protagonista, rinchiuso in una cella di due metri quadrati di spazio, intesse l’unica relazione possibile con uno scarafaggio:

A uno scarafaggio si può dire qualsiasi cosa ci venga in mente, perfino che il coraggio è fatto di paura, che in questi mesi avevi avuto spesso paura, che soprattutto ne avevi avuta quando era giunto il plotone di esecuzione. Loro non se n’erano accorti, ma obbligarti a quella calma e quella spavalderia era stata una fatica terribile: sulla motovedetta non ne potevi più. Anche un’ora fa non ne potevi più. E mezz'ora fa, e un minuto fa.”

Il romanzo della bravissima e compianta scrittrice fiorentina è di ottima fattura ma oggi appare anacronistico per il depauperamento dei valori e degli ideali della politica, miseramente sommersi dai ripetuti scandali degli ultimi tempi.

L’uomo della Fallaci è l’eroe che combatte per gli ideali della Giustizia e della Libertà; l’uomo di oggi vive per se stesso e non ha punti di riferimento. Esercita il potere dell’immagine in una solitudine mediatica nella quale la moltitudine è la semplice equazione di tante individualità che non comunicano e che sono distanti tra loro.

E’ un libro da consigliare per gli amanti della raffinatezza letteraria e soprattutto per coloro che desiderano scoprire e identificarsi in valori autentici in grado di elevare e rivalutare quello che dovrebbe essere … un uomo!

ORIANA FALLACI: UN UOMO

TRISTEZZA

 

Al di là di questa neve

Al di là di chi non si vede

C'è qualcosa che rallegra

la tristezza di una sera...


BlogRetro: Porci con le ali

 

Le inquietudini giovanili si manifestano in misura costante e ciclica in tutte le generazioni: la differenza sta nel modo in cui esplodono in un dato contesto storico. 

È quello che accade, ad esempio, nel romanzo “Porci con le ali. Diario sessuo-politico di due adolescenti” scritto da Marco Lombardo Radice e Lidia Ravera nel 1976 da cui venne tratto un anno più tardi un film che non ebbe lo stesso successo.

 La storia di Rocco e Antonia raccontata attraverso un diario in cui ciascuno dei protagonisti cerca di dare corpo e sostanza alla loro (effimera) relazione sentimentale, rivela in realtà la frustrazione, tutta giovanile, di trovarsi perennemente in bilico in quella fase delicata della vita che segna la fine dell’adolescenza e l’inizio dell’età adulta.

Il sesso, unitamente ad un linguaggio schietto e postribolare dei due giovani, è lo strumento (fuorviante) per contrapporsi ad una condizione esistenziale insoddisfacente ma a conti fatti procura soltanto l’illusione di potersi distinguere da un contesto sociale conformista e conservatore.

L’autoerotismo, l’approccio spavaldo verso l’altro (o l’altra) rappresentano la (sola) modalità di contatto tra se stessi e il mondo esteriore, quasi che la contestazione e la ribellione verso comportamenti stereotipati e convenzionali della società post-sessantottina avessero bisogno, per la loro idealità, di ricevere conferma attraverso una massiccia dose di sesso esplicito e disinibito. Così Rocco (come Antonia) rifiuta qualsiasi etichetta del bravo ragazzo e rifugge da certe manifestazioni sentimentali che giudica borghesi e anti-sinistra, come la gelosia o l’innamoramento del tipo “due cuori e una capanna”.

Ad una festa che si trasforma in una piccola orgia, Antonia si lascia sedurre da un professore universitario ma, pentitasi, cerca di rimediare con un flirt poco appagante con l’amica Lisa. Rocco ha invece un rapporto omosessuale con il compagno Roberto ma tenta di congiungersi con la stessa Lisa per dimenticare (senza successo) la sua ex fidanzata. Alla fine di questo viaggio travagliato e turbolento, Rocco e Antonia promettono di rivedersi più maturi e diversi.

UN PASSO DEL ROMANZOIl silenzio me lo ricordo come una cosa proprio angosciosa, e anche il mio corpo che incomincia a tendersi. Non proprio un arco, ma certo una corda tesa: ha incominciato a sfuggirmi qualche sospiro. Allora Lisa mi ha abbracciata ed è venuta sopra di me, e si strofinava come un grosso gatto col corpo uguale al mio. Non riesco adesso a ricordare se stavo bene o stavo male, perché queste sensazioni sono impossibili da isolare, da ricordare, da riportare alla mente. Io nei ricordi riesco a salvare solamente la sensazione dominante e quella era come quando si sta per piangere, un misto di tenerezza, paura e rilassamento, quando si piange senza essere molto tristi. Il brutto è venuto quando lei si è staccata da me e mi è rotolata al fianco. Sdraiate nude spalla a spalla e senza il coraggio di guardarci in faccia. Con la vagina pulsante e un odore addosso che era come il mio odore al quadrato.

GLI AUTORI: Marco Lombardo Radice è stato uno scrittore e psichiatra, morto prematuramente nel 1989 all'età di quarant'anniPorci con le ali è la sua opera più famosa prima di intraprendere la carriera di medico.

Nata a Torino nel 1951, Lidia Ravera è una scrittrice e giornalista molto nota. Copiosa la sua produzione letteraria della quale si ricorda “Ammazzare il tempo” (1979), “Maledetta gioventù” (1999)  e il più recente “Terzo tempo” (2017).

GIUDIZIO: Scabroso, anticonformista, “Pasoliniano”, il romanzo colpisce per la sua schiettezza e capacità di fotografare il disagio giovanile nell'era post-sessantottina mettendo a nudo le ipocrisie di un sistema politico-sociale che da lì a poco sarebbe andato alla deriva. Ma non deve scandalizzare il linguaggio scurrile che si rinviene in molte parti dell’opera, quanto piuttosto il finto perbenismo che aleggiava nella critica dell’epoca. Nonostante siano passati oltre quarant'anni dalla sua uscita, il romanzo è ancora oggi godibile e attuale.

(M. Lombardo Radice - L. Ravera: Rocco e Antonia. Porci con le ali. Diario sessuo-politico di due adolescenti)

L'amore platonico


Platone, grande filosofo greco vissuto tra il 428 e il 348 a.c. sosteneva l’alto valore spirituale dell’amore per il quale la congiunzione carnale, pur ammessa, non era necessaria. Cresciuto sotto l’influenza di Socrate, suo Maestro e Mentore, Platone prediligeva i dialoghi alle dissertazioni scritte, poiché riconosceva solo ai primi la capacità di stimolare, attraverso il confronto, il mondo delle relazioni interiori.

Platone parla dell’amore principalmente nel Simposio, uno dei suoi dialoghi più significativi (ma meno divulgati dall'insegnamento scolastico) nel quale i convenuti, guidati da un moderatore, esprimevano la propria concezione sull’Eros: una sorta di “Porta a Porta” o del “Maurizio Costanzo show” dei tempi antichi.

Fra gli oratori c’era Socrate, per il quale l’amore altro non è che il desiderio di qualcosa, “e siccome si desidera solo ciò che non si possiede, evidentemente non possiede questo qualcosa”. Come dire che quando si ottiene ciò che si desidera, l’amore smette di essere tale e diventa un qualsiasi bene di consumo. Per Fedro “l’amante è più divino dell’amato” poiché si pone rispetto a quest’ultimo in posizione di superiorità. In altre parole, nel Simposio prevale l’idea dell’amore che sublima la bellezza dell’interiorità a dispetto dell’attrazione dei sensi: non appena declina nella copulazione perde tutta la sua connotazione spirituale.

“Amor, ch'a nullo amato amar perdona”, recitava Francesca da Rimini nell'inferno dantesco per giustificare la sua relazione con Paolo, fratello del marito: se il loro amore si fosse fermato alla contemplazione dello spirito, secondo la concezione platonica, il loro destino avrebbe avuto ben altro esito. E diverso sarebbe stato il fato di Gertrude ne “I Promessi sposi”, se la “sventurata” non avesse risposto alle avances del perfido Egidio.

L’amore platonico concepito dagli antichi non miete vittime perché si eleva ad esaltazione dello spirito, perché  rifugge dal desiderio materiale e si proietta nella ricerca e valorizzazione dell’anima. 

La quotidianità, si sa, uccide l’amore se non lo trasforma in affetto, mutuo sostegno e tolleranza. Ma questa trasformazione è, per l’appunto, qualcosa di diverso dall'amore perché lo spoglia di quella idealità della purezza che, come tale, deve essere messa al riparo da qualsiasi contaminazione.

Bello l’amore platonico che non fa soffrire e trascende gli umani dispiaceri.

(BLOG RETRO: 2014)


TECHETECHETE': Il meglio delle parole del mio tempo

Agosto, blog mio non ti conosco. Come ogni anno arriva il momento di staccare la spina per ricaricarsi ed affrontare al meglio le nuove sfide che si presenteranno dopo la pausa estiva.

E' un'estate diversa dal solito, flagellata da un virus che non accenna a scomparire, con focolai che continuano a spuntare sia pure in ambiti più isolati e controllati. Ma proprio per questo un minimo di relax s'impone ancor più delle passate stagioni. 

In qualità di blogger non andrò del tutto in vacanza. Continuerò a fornire ai lettori uno spazio di lettura con la (ri)pubblicazione, in qualche caso riveduta, di alcuni post passati. Una sorta di Techetechetè delle migliori parole del mio tempo.

Auguro a tutti i lettori di trascorrere serene e salutari vacanze liberando la mente da cattivi pensieri e ripopolandola, se possibile, di buone e distensive letture.

Un abbraccio

Vittoriano Borrelli 

FILO DIRETTO


Gli scrittori sono esseri speciali che vivono d’istinto, di sensazioni, di forte carica emotiva. Sono come madri partorienti di idee, di storie immaginarie o vissute che si tramandano ai lettori una volta pubblicate. Per uno scrittore conta molto creare un collegamento, un filo diretto con i destinatari delle proprie opere, ancor più del target atteso dalle vendite.

Scrivere per condividere è forse la migliore delle soddisfazioni che si possa provare, soprattutto quando le emozioni che hai voluto raccontare giungono nel cuore dei lettori in un connubio che sa di amorosi sensi. Vale più di migliaia di copie vendute sentirsi dire. “Il tuo libro mi è piaciuto”, “Mi sono emozionato”, “L’ho letto tutto d’un fiato”.

Questo è il filo diretto che uno scrittore aspira ad intessere, la gratificazione più nobile che ripaga dalle fatiche per l’opera creata e dà un senso compiuto alla relazione autore/lettore.

Nel video in alto, che potete guardare cliccando sull'immagine, ho dedicato un apposito spazio ai lettori che hanno acquistato “Il futuro imperfetto”, il mio ultimo romanzo con il quale parteciperò al premio letterario internazionale “Nabokov” .

Una sorta di “a domanda rispondo” su alcuni aspetti del libro che hanno destato l’interesse o la curiosità dei lettori. Un filo diretto che mi ha fatto molto piacere e che spero possa proseguire nel tempo.

Buona visione.

TI CONOSCO MASCHERINA!


Ti conosco mascherina perché i tuoi occhi parlano per te nonostante il viso imbavagliato, i capelli arruffati, lo sguardo altrove per ostentare indifferenza, noncuranza e interdizione. Ti conosco come le mie tasche e sai che non potrai sfuggire ai miei occhi che già ti hanno scrutato nell'animo come una radiografia percettiva di ogni tuo piccolo particolare.

Ti conosco mascherina col tuo sorriso beffardo che hai mostrato anche alla luce del sole, nei giorni in cui l’aria ti respirava in faccia e non c’erano remore per aprirti al cielo ed immergerti nell’infinto. Allora non c’erano barriere da sormontare perché viaggiavi con la mente come un errante felice in un mondo che non aveva ancora chiuso i  battenti.

Ti riconoscerei mascherina fra tante mascherine disegnate sui volti di una folla distratta ed anonima. Ti riconoscerei dall'odore della tua pelle che mi ha inebriato per lungo tempo rendendomi uguale a te come una osmosi molecolare che ingabbia e sprigiona nello stesso tempo ogni espressione dell’anima.

Ti conosco mascherina come nei giorni in cui ho immaginato di farti l’amore, cullarti, abbracciarti, intrufolarmi nella tua testa per carpire i segreti più reconditi e inconfessabili. Ti conosco come si conosce l’acqua di un fiume che corre veloce verso il mare per lasciarsi travolgere dalle onde.

Ti conosco mascherina anche se ti allontani da me, come adesso che volgi lo sguardo altrove, perché ti ritroverò come tu mi ritroverai ad aspettarti sul ciglio della strada.

E ti vedrò stanco e claudicante come un vecchio reduce da una guerra che non ha combattuto fino in fondo.

E sarà allora che ti accoglierò tra le mie braccia per affrontare insieme l’ultimo cammino.



IMPARARE A VOLERSI BENE


C’è gente che passa metà del tempo a lasciarsi sfuggire le occasioni e l’altra metà a rimpiangerle. Accade per debolezza, masochismo, per struggente consapevolezza o per conflitti non risolti che risalgono all’età giovanile o alla primissima infanzia.  E’ un travaglio interiore in cui superare il dolore, vissuto o procurato, è la più ardua delle battaglie da affrontare.

Qui sta la matrice di tanti mali che accomunano la disagibilità sociale, l’incapacità di avere buone relazioni affettive, l’isolamento e l’emarginazione. Non è un caso che episodi criminosi come il femminicidio (o il suo equivalente maschile), si stanno diffondendo a macchia di leopardo in un mondo che ha smesso di volersi bene.

Sarà una questione di cuore e forse bisognerebbe imparare da Erich Fromm che nella sua opera più famosa, L’arte di amare, affronta la tematica dell’amore in tutte le sue sfaccettature:

“L’amore infantile segue il principio: amo perché sono amato. L’amore maturo segue il principio: sono amato perché amo. L’amore immaturo dice: ti amo perché ho bisogno di te. L’amore maturo dice: ho bisogno di te perché ti amo…”

Se paragoniamo le manifestazioni dei sentimenti agli effetti contagiosi dei virus, tanto per restare nell'attualità, scopriamo che ognuna di queste esternazioni tende a moltiplicarsi mantenendo la stessa carica emotiva, come un germe che si riproduce e si propaga velocemente nelle relazioni interpersonali:

L’odio genera odio e ci rende più rancorosi e ostili.
L’invidia genera invidia e ci rende più invidiosi.
L’amore genera amore e ci rende più generosi e solidali.

La capacità di distinguere i buoni dai cattivi sentimenti è un esercizio che richiede fatica, impegno e senso di maturità contro i quali agiscono fattori ambientali o modelli educativi sbagliati e devianti. Imparare a volersi bene è un’arte che non si coltiva da soli ma con il concorso di tante componenti. Se alcune di queste mancano, come l’amore filiale espresso in maniera opposta al pensiero di Fromm, il percorso per arrivarci diventa decisamente complicato.

Bisogna prendersi cura di se stessi, amarsi ed intenerirsi delle proprie debolezze per poterlo fare verso gli altri. L’amore individuale, così concepito, è la base di partenza per essere positivamente “contagioso” ed emulativo. E’ un lavoro spirituale di non facile fattura ma provare a farlo sarebbe già tanto.

Non è mai troppo tardi per abbracciarsi e coccolarsi affinché il buono che ognuno ha in serbo non si disperda nel nulla.







Una risata allunga la vita



Una risata allunga la vita, più di una telefonata di un famoso spot di qualche tempo fa. Ci sarebbe tanto da piangere per come sta andando il mondo, ma un bel sorriso a tutto tondo fa bene alle vie respiratorie, rende più fluido il sangue nelle vene e ci fa prendere le cose nel modo più leggero.

Voglio che sia l’ironia a far ridere la vita mia. E’ il verso di una mia canzone di gioventù che negli anni è divenuto il mio credo filosofico. Non bisogna mai prendersi troppo sul serio perché nessuno è perfetto e, soprattutto, nessuno è migliore del nostro onore e della nostra dignità. Ci sono tanti nei invisibili che prima o poi emergono in tutta la loro consistenza offrendo un’immagine di se stessi forse fragile ma certamente più umana.

Siamo un esercito di imperfetti e questo basta per elevare le relazioni sociali al rango di una parità sostanziale che è anche espressione del principio di uguaglianza sancito nella nostra Carta Costituzionale.  Al di là dei distinguo, dei meriti e delle capacità individuali, l’essere umano è pieno di debolezze, di paure, di incertezze che talvolta si ostenta a disconoscerli ma che invece costituiscono l’essenza della relatività della vita.

Eppure il sorriso non è stato sempre bene accetto. Nel medioevo, ad esempio, il sorriso era inviso dal potere temporale retto da un rigido conservatorismo. Umberto Eco, nella sua opera più famosa, Il nome della rosa,  ci racconta del sorriso come dell’antitesi di comportamenti sobri e morigerati a difesa dei quali vennero compiuti in un’abbazia benedettina una serie di orribili delitti.

Fortunatamente il corso della Storia ha preso una piega diversa e le aperture al sorriso e ad una certa leggerezza dell’essere hanno trovato una collocazione sempre più marcata nell'evoluzione dei comportamenti sociali.

Non c’è che dire che una bella risata a crepapelle, magari sulle stupidaggini altrui, ci fa sentire bene e ci fa affrontare le cose con il giusto peso e coraggio perché le occasioni per vivere meglio possono sfuggirci e non ricapitare più.

Riconoscere i propri limiti, quando il sorriso si fa ironia, non è segno di debolezza ma, piuttosto, la più grande delle saggezze per aprire le porte alla comprensione di se stessi e, di riflesso, a quella verso gli altri.

Da non sottacere gli effetti benefici del sorriso quando è usato, ad esempio, nella terapia del dolore, sia fisico che interiore. Non è un caso che in molti ospedali vi sono tante associazioni dedite alla cura ed assistenza morale ai malati più sfortunati. Perché ogni attimo di vita va vissuto intensamente anche quando tutto sembra precipitare nel baratro e nelle tenebre.

Oggi è già ieri. E domani è già tardi.


DECAMERON


L’opera più famosa di Giovanni Boccaccio è contrassegnata da un evento funesto molto simile a quello che stiamo vivendo: la peste che colpì la città di Firenze nel 1348 e il virus da Covid-19 che dall'inizio di questo infausto 2020 sta mietendo vittime e cambiando il mondo. In comune, anche se con ampi distinguo, la reazione ad entrambi i contagi: il lockdown, di massa e indifferenziato dei nostri tempi, circoscritto e volontario nel capolavoro del Boccaccio per mano di dieci ragazzi che decidono di isolarsi per due settimane.

Ragazzi novellieri che nel tempo trascorso lontano dalla peste si danno l’obiettivo di raccontare dieci storie a tema per altrettanti giorni. Di qui le cento novelle del Decameron, un concentrato di pensieri, considerazioni ed osservazioni critiche sul sistema politico-sociale del Trecento retto dal potere temporale, corrotto ed ipocrita. La religione è presa di mira da questi narratori imberbi attraverso una prosa laica e dissacrante dove lo sfogo a tutto ciò che è materiale ed edonico fa da contraltare all’ermetismo farisaico della società di quel tempo.

Il Decameron è forse la dimostrazione più lampante di quanto i mutamenti sociali e di costume passino attraverso una rivoluzione culturale capace di muovere e cambiare certe direttive di vita mettendo a nudo la debolezza o l’inconsistenza delle sue regole. La dissacrazione è la parola d’ordine per cercare di sovvertire un sistema di relazioni basato dal più bieco (e cieco) formalismo che imbavaglia la libera espressione dell’essere.

I narratori, tre ragazzi e sette ragazze, dai nomi inventati (Pampinea, Filomena, Neifile, Filostrato, Fiammetta, Elissa, Dioneo, Lauretta, Emilia, e Panfilocome) per rispetto di una privacy già allora vigente, si cimentano in storie più o meno variegate, tra le quali l’Eros, visto come una necessità naturale,  che assume forse la parte predominante per esaltare la manifestazione dei sensi senza freni ed inibizioni. Sarà l’Eros il termine di paragone usato dal Boccaccio per smascherare l’ipocrisia del celibato ecclesiastico o per rendere lecito ed accettabile l’adulterio soprattutto femminile.

Ma l’Eros boccacciano sarà anche il metro di giudizio severo e censorio della Chiesa che nel cinquecento lo bollerà come dissacratorio e immorale, tanto che l’opera venne riadattata con molte parti delle novelle stralciate o rivedute.

La critica alla prima vera opera di letteratura narrativa italiana offrì tuttavia spunti anche emulativi da parte di commediografi come il Machiavelli che nella sua opera la Mandragola si ispirerà al personaggio del Calandrino, pittore sciocco fiorentino,  che in una novella del Boccaccio è preso di mira con burla e scherzi dagli amici.

Nel 1971 il Decameron approda nelle sale cinematografiche grazie al genio di Pier Paolo Pasolini che porterà sul grande schermo attori sconosciuti che impersoneranno i personaggi del Boccaccio con la verve, l’ironia e la critica sovvertiva che hanno contraddistinto lo stile dello scrittore bolognese.

L’opera del Boccaccio segna lo spartiacque di una mentalità sociale retrograda e dogmatica, un punto di non ritorno a favore della libera individualità che scardina retaggi culturali e comportamentali precostituiti, tale da risultare ancora oggi la più moderna nel panorama letterario mondiale.